Famosa in tutto il mondo per il suo ineguagliabile patrimonio artistico, Firenze vanta una ricca presenza di musei “minori”, secondo il gergo tecnico, ma non per questo meno degni di nota.
In questo articolo, ne abbiamo scelti cinque che spesso rimangono esclusi dai percorsi più battuti dai turisti, ma che nascondono tesori, curiosità e storie personali uniche: scopriamole insieme.
1. Museo Horne: una ricca dimora rinascimentale
Quando Herbert Percy Horne (1864-1916), architetto, esteta e intellettuale londinese, visita per la prima volta l’Italia alla fine dell’Ottocento, ne rimane estasiato. A tal punto che, pochi anni dopo, decide di trasferirsi a Firenze e coltivare – nella patria del Rinascimento – il suo vivido interesse per l’arte e la cultura del Quattro e del Cinquecento italiani (ancora oggi, la sua monografia su Sandro Botticelli è uno degli scritti di riferimento per gli studi sull’artista). Parallelamente, comincia a costruire la sua collezione privata, ma è nel 1911 con l’acquisto di Palazzo Corsi in via de’ Benci, nel quartiere di Santa Croce a Firenze, che prende corpo il suo ultimo e più ambizioso progetto: ricreare – negli ambienti di questo antico palazzo quattrocentesco – la dimora di un nobile del Rinascimento arredandola di tutto punto. È così che, oltre ad avviare il lungo restauro dell’edificio, inizia ad acquisire arredi e utensili, ceramiche, monete e sigilli prodotti in Italia tra il Tre e il Seicento, ma anche libri, manoscritti e incunaboli. Purtroppo però non riuscirà mai a vedere il risultato finito poiché morirà di tubercolosi nell’aprile del 1916, due giorni dopo aver redatto il suo testamento.
Da questo momento in poi, il palazzo passò allo Stato italiano “con tutto quanto in esso si contiene di oggetti d’arte, mobili, disegni, biblioteca, nulla escluso né eccettuato”, secondo le sue ultime volontà.

L’attuale Museo fu inaugurato nel 1921. Nel tempo la disposizione della raccolta è stata modificata, anche per ragioni di tutela, e ampliata. Tra le opere più notevoli: il Santo Stefano di Giotto (1330-1335 ca.), la Madonna col Bambino e Cristo in Pietà, dittico di Simone Martini del 1326-1328 e la tavola di Filippino Lippi del 1480 ca. intitolata La regina Vasti lascia il palazzo reale. Ma non mancano capolavori successivi del Giambologna, di Dosso Dossi e Sansovino, per citarne alcuni. Completano l’allestimento i mobili pregiati e la ricca collezione di disegni e stampe, conferma dell’eclettismo di Horne e della sua straordinaria personalità.

2. Museo Bardini: antichità in bella mostra
La Firenze di fine Ottocento è meta ideale per appassionati e mercanti ed è proprio qui che si trasferisce e opera anche un’altra figura di rilievo: Stefano Bardini (1836-1922), noto allora come “Il Principe degli Antiquari”. Restauratore e fine conoscitore d’arte, Bardini muove i suoi primi passi come pittore in Accademia, interrompendo presto gli studi per unirsi al circolo dei Macchiaioli e partecipare alle lotte per l’Unità d’Italia. Rientrato a Firenze, si afferma come il punto di riferimento per collezionisti italiani e internazionali, musei pubblici, archeologi e storici dell’arte di chiara fama.

Nel 1880, trasforma i resti del duecentesco convento di San Gregorio alla Pace, in Piazza de’ Mozzi, nel suo negozio. Un’impresa perfettamente riuscita anche grazie alla sua spiccata capacità di raccogliere reperti antichi e valorizzare gli spazi: la facciata fu rivista secondo il gusto neocinquecentesco allora in voga e alcuni altari acquistati da una chiesa pistoiese furono impiegati come finestre. All’interno, l’eterogenea collezione di Bardini trovava posto in ambienti illuminati da aperture ricavate appositamente per creare un’atmosfera unica, resa tale anche grazie al suggestivo colore blu delle pareti: una scelta che serviva a enfatizzare gli oggetti esposti, mai affollati, ma esaltati dalla loro sapiente disposizione.

Uomo colto e abile commerciante, in punto di morte Bardini lascia il suo inestimabile patrimonio alla Città di Firenze che ne farà un Museo Civico. Con il restauro del 1999, è stato ripristinato l’assetto voluto dal Bardini nei modi e nei colori. Ancora oggi, chi passeggia per le sale tra dipinti, sculture, bronzetti e marmi, può immaginarsi nei panni di un collezionista dei primi del Novecento e magari, accostandosi al San Michele Arcangelo del Pollaiolo (1460-70 ca.) o alla Madonna col Bambino di Ghiberti (1430 ca.), sognare di poterli comprare per sé. Qui si possono ammirare anche opere di Donatello, come la celebre Madonna dei Cordai (1430 ca.) e il cosiddetto “Porcellino”, il Cinghiale in bronzo di Pietro Tacca (1620-1633) del quale rimane una copia nella piazza del Mercato Nuovo. Tradizione vuole che strofinare il muso dell’animale porti fortuna.

3. Museo di Palazzo Davanzati: l’Antica Casa Fiorentina per antonomasia
Stretto collaboratore di Bardini, Elia Volpi (1858-1938) divenne uno dei suoi più temibili concorrenti quando decise di mettersi in proprio come antiquario. Tra le attività più note di Volpi c’è senz’altro l’acquisto di Palazzo Davanzati, antica residenza patrizia fiorentina in via Porta Rossa, che divenne il suo showroom e il punto di ritrovo per gli appassionati d’arte soprattutto d’Oltreoceano.
È qui che – nei primi anni del Novecento – si fermavano i facoltosi americani in visita a Firenze, affascinati dall’Antica Casa Fiorentina e decisi a copiarne lo stile. Un’operazione incoraggiata dal Volpi (furbo di nome e di fatto), che più volte propose all’asta a New York tutta le sue esclusive raccolte di mobili, manufatti e opere d’arte antica, con grande successo.
Ma la storia del Palazzo precede di molti secoli il Volpi e tuttora sono visibili le tracce dei suoi abitanti quattro e cinquecenteschi: dai Davizzi, primi proprietari, ai Davanzati, titolari dell’edificio. Arredato con oggetti provenienti dalle Gallerie fiorentine, questo unicum del panorama cittadino, offre l’esperienza inedita dello stile di vita rinascimentale, accogliendo il visitatore tra gli ambienti, gli agi e le attività della tipica famiglia altolocata fiorentina. Una visita è caldamente raccomandata!
4. Museo Stibbert: eclettismo e curiosità sulle colline fiorentine
Di tutt’altro genere è il Museo Stibbert, casa-museo da cui trapela tutto l’estro del suo proprietario. Frederick Stibbert (1838-1906), era figlio di un militare inglese e di una donna fiorentina e, pur essendo stato educato in Inghilterra, trascorse a Firenze gran parte della sua vita, impegnato a trasformare la sua villa sulla collina di Montughi nel suo museo. Un luogo oggetto di numerosi ampliamenti e ristrutturazioni, volute da Stibbert proprio per ospitare la sua imponente e variegata collezione di opere di arte applicata provenienti da diverse parti del mondo.
Tutto, in questo enorme edificio, testimonia il gusto ottocentesco per l’arte, la storia passata e l’esotico: dagli interni neogotici dell’area espositiva, alle stanze tematiche dell’appartamento fino al parco circostante, un giardino all’italiana investito dal fervore romantico dell’inglese, con tempietti e finte rovine immersi nella natura rigogliosa.

Se deciderai di visitare questo Museo, preparati a scoprire quasi cinquantamila oggetti – derivati dalla collezione originaria e da donazioni successive – pressoché tutti esposti. L’Armeria Europea, quella Islamica e quella Giapponese si distinguono per il corpus considerevole di pezzi antichi e di splendida fattura, e per l’allestimento curioso con finti cavalieri che riproducono vere e proprie cavalcate. Nella raccolta dei costumi, merita una menzione speciale l’abito indossato da Napoleone per l’incoronazione a re d’Italia; mentre la Quadreria annovera, tra gli altri, una Madonna di Botticelli e due grandi Luca Giordano. E poi ancora incisioni, arazzi e porcellane e, ovviamente, il parco con le sue innumerevoli sorprese…
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5. Museo di Casa Martelli: il fascino della borghesia moderna
Altrettanto unica, sebbene totalmente diversa, è l’esperienza regalata dal Museo di Casa Martelli. Celata nel centro di Firenze,in via Ferdinando Zannetti, rappresenta un esempio raro della vita domestica di una nobile famiglia del XVIII e XIX secolo.
I Martelli – casato di origini illustri, già vicino ai Medici fin dal Quattrocento – si trasferì a vivere nel palazzo a partire dal 1600. Nel 1738 l’edificio fu ristrutturato dall’architetto Bernardino Ciurini che impartì l’aspetto caratteristico che vediamo ancora oggi, arricchito ulteriormente nell’Ottocento. Dal 1998 il palazzo appartiene allo Stato e, aperto al pubblico nel 2009, conserva la raccolta originale e plurisecolare della famiglia, senza integrazioni postume.

Al piano terra si trovano gli appartamenti estivi che, con le loro pareti affrescate a tromp-l’oeil da Gaetano Gucci e Niccolò Contestabili, conducono il visitatore in un romantico paesaggio boschivo (la “Sala boschereccia”) e sotto un raffinato pergolato.
Anche le sale del primo piano, raggiungibili tramite l’elegante scalone, sono decorate da pittori tardo barocchi. Qui si apprezza in particolare la piccola Quadreria con opere di Piero di Cosimo, Domenico Beccafumi, Luca Giordano e Salvator Rosa.
Vera e propria gemma del patrimonio museale fiorentino – poco nota ai più – con i suoi salotti colorati, il salone da ballo e la cappella, Casa Martelli conserva l’atmosfera intima ma spettacolare dell’abitazione d’altri tempi.
L’infelice etichetta di musei minori non rende giustizia a questi concentrati di opere d’arte e di ingegno, che sono piuttosto una nicchia, preziosa, riservata agli estimatori più curiosi e ai ricercatori più attenti di cose rare e insolite: se anche tu sei tra loro, non ti resta che andarli a scoprire di persona.