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Roma barocca: itinerario alla scoperta dell’architettura seicentesca tra Bernini e Borromini

Roma barocca: itinerario alla scoperta dell’architettura seicentesca tra Bernini e Borromini

galleria spada colonnata francesco borromini
galleria spada colonnata francesco borromini

Se Firenze è la capitale del Rinascimento, Roma è sicuramente la patria del Barocco italiano: è qui che, a partire dal 1630, si condensano alcune delle esperienze più riuscite di questa incredibile stagione. Una stagione segnata dalla ricerca di un linguaggio artistico nuovo che fosse capace di rispondere alle necessità divulgative della Chiesa cattolica, intenta a riaffermare la propria influenza sui fedeli dopo la Riforma luterana.
In questo fitto programma culturale, sono due gli autori che si distinguono per la loro abilità e fama: Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Divisi da un’aspra e insanabile rivalità, sono i principali protagonisti dell’innovazione architettonica seicentesca e danno volto a gran parte della Roma barocca di questo periodo. In questa passeggiata in 5 tappe, esploriamo alcuni dei loro edifici più rappresentativi, testimoni del loro vivace antagonismo. 

1. San Pietro: dal Baldacchino alla Piazza

A metà tra architettura e scultura, il Baldacchino di San Pietro (1624-1635) rappresenta l’inizio del nostro tragitto, nonché l’esordio della collaborazione – e separazione – tra Bernini e Borromini. 
Alla morte di Carlo Maderno, titolare del cantiere per il quale lavoravano già entrambi, Bernini riceve l’incarico del Baldacchino bronzeo direttamente da papa Urbano VIII (Maffeo Barberini). 
Per realizzarlo, Gian Lorenzo trae ispirazione da numerosi progetti precedenti, sintetizzandoli e superandoli allo stesso tempo. Tra le novità più sorprendenti, le quattro colonne tortili: già presenti nella proposta di Martino Ferrabosco (scultore e restauratore autore di diversi progetti di intervento all’esterno e all’interno della Basilica), vengono assottigliate e innalzate fino a raggiungere i 20 metri. Nonostante la mole monumentale, sono slanciate e libere da tutti i lati così da non ostruire lo sguardo degli spettatori sulla cupola del Buonarroti. La percezione dei vari elementi spaziali a seconda del punto di vista è infatti una delle preoccupazioni maggiori del Bernini, che studierà sempre le sue opere in funzione del movimento delle persone nell’ambiente, creando ingegnose sovrapposizioni di pieni e vuoti.
Ma il vero problema nasce al momento del coronamento. Inizialmente Bernini aveva immaginato una struttura composta da due archi a pieno sesto incrociati in diagonale e sorretti alla base da quattro angeli. L’impostazione però risulta, fin dal disegno, troppo rigida rispetto al movimento delle colonne ed è a questo punto che il giovane architetto si rivolge al collega Borromini, più esperto di lui sul piano tecnico. Le volute a dorso di delfino che vediamo oggi – elementi chiave nel conferire dinamismo al ciborio – sono il risultato felice della loro collaborazione destinata, purtroppo, a concludersi in conflitto. Dopo aver terminato il cantiere, Borromini non solo non riceve una paga adeguata (un decimo rispetto a quella del Bernini!), ma nemmeno ottiene il riconoscimento promesso per il suo lavoro. Un’onta troppo grande da sopportare che provoca una rottura irreparabile nei rapporti tra i due.

baldacchino di san pietro bernini
Baldacchino di San Pietro, Bernini

Benvoluto dal papa, Bernini – che era stato eletto direttore della fabbrica di San Pietro – porta avanti numerosi altri interventi nella Basilica, anche se non tutti con successo. 
Tra questi, la costruzione delle torri campanarie, già previste dal progetto di Maderno e in seguito modificate. La prima, terminata nel 1641, viene fatta abbattere poco dopo dal nuovo pontefice Innocenzo X perché ritenuta pericolante. Un giudizio espresso da molti – compreso, neanche a dirlo, Francesco Borromini – che causa una momentanea battuta d’arresto per la carriera di Bernini. Nulla di troppo grave però, tant’è che qualche anno dopo lo troviamo impegnato nella sistemazione della Piazza San Pietro (1656-1667), con il suo celebre impianto trapezoidale racchiuso da porticati semicircolari. 284 colonne disposte su quattro file sopra le quali si stagliano 140 statue di santi, motivo decorativo che varia elegantemente il ritmo regolare del colonnato: senza dubbio una delle piazze più rinomate al mondo. 

piazza di san pietro a roma
Piazza San Pietro, Bernini

2. La Prospettiva di Palazzo Spada

Nel frattempo, Borromini – allontanatosi dal cantiere di San Pietro e intrapreso un percorso autonomo, forte anche di una certa indipendenza economica – cerca di farsi conoscere e stringere nuovi rapporti. Da un lato, si offre di lavorare gratuitamente al restauro della chiesa di S.Maria di Loreto e alla costruzione della Chiesa di San Carlino, dall’altro entra in contatto con la famiglia Spada. 
Incaricato della ristrutturazione della loro residenza (già Palazzo Capodiferro), realizza qui la sua famosa Colonnata. È questa la seconda meta del nostro tour, raggiungibile a piedi attraverso Ponte Vittorio Emanuele II dal quale si gode, peraltro, della vista su Castel Sant’Angelo e sull’omonimo Ponte, arredato con le statue di Bernini. 

Situata nel giardino della Galleria Spada, la Colonnata è uno dei maggiori esempi dell’ingegno architettonico di Borromini e dello spirito del Barocco romano. Una galleria costruita con un sapiente gioco illusionistico che inganna lo spettatore per mezzo di una rigorosa costruzione prospettica: quello che sembra un corridoio di almeno 30 metri, si riduce in realtà a soli 9 metri. 
Un effetto ottico non fine a se stesso: oltre a dare l’idea di uno spazio infinito (concetto caro al Seicento), la Colonnata funge da monito contro i pericoli della vita mondana, che non sempre è come appare.

galleria spada roma
La Colonnata, Borromini

3. Sant’Ivo alla Sapienza

Salendo da Galleria Spada verso Campo de’ Fiori, a pochi passi dal Pantheon, sorge la chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza situata all’interno dell’omonimo Palazzo, sede dell’antica Università romana e oggi dell’Archivio di Stato. La cappella, commissionata a Borromini da Urbano VIII nel 1632, è prova della sua geniale inventiva. Pur essendo vincolata dalle costruzioni preesistenti, rappresenta un vero e proprio gioiello dell’architettura seicentesca
Borromini sviluppa l’edificio su una pianta mistilinea dalla forte carica allusiva: una sorta di stella con sei punte circolari composta da due triangoli rovesciati uno sull’altro. Il triangolo, emblema della Trinità, ricorda anche l’ape, a sua volta simbolo di Carità e Prudenza ed elemento araldico dello stemma dei Barberini. Ma ancora più stupefacenti sono le soluzioni adottate per la copertura. La cupola polilobata presenta all’interno nicchie e lesene scanalate che ne enfatizzano l’altezza, mentre la decorazione monocroma bianca amplifica la luminosità dello spazio. Ardita e sensazionale è la lanterna che la sormonta: la sua forma a spirale – contorta e sinuosa – tende all’infinito e sembra quasi sfidare le altezze vertiginose del Gotico. Chiusa da una corona fiammeggiante sulla quale poggiano una sfera, una croce e una colomba col ramoscello d’ulivo nel becco, in ferro battuto, si alza verso il cielo apparentemente senza peso.

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Sant’Ivo alla Sapienza, Borromini

4. Sant’Andrea al Quirinale

Lasciamoci alle spalle Sant’Ivo alla Sapienza e spostiamoci ora verso Sant’Andrea al Quirinale, nuovamente sulle tracce di Bernini
Osservando l’esterno della chiesa, si coglie subito il raffinato gioco di contrasti tra rigidità e movimento, linee curve e linee rette, che si intensifica e si manifesta con maggiore forza all’interno. Lesene lisce che interrompono il motivo curvilineo del protiro incorniciano la facciata, costituita da un solo ordine architettonico.
All’interno, la pianta ellittica è evidenziata dalla magnifica cupola con lanterna. Le costole verticali che convergono verso l’oculo centrale, la decorazione a cassettoni esagonali e le figure in stucco che animano la base, conferiscono all’ambiente una grandiosità unica. 
La luce, che penetra dalle numerose aperture laterali, crea effetti luminosi che cambiano la percezione dell’ambiente nelle varie ore del giorno. Una suggestione che Bernini aveva previsto e ricercato: questa, secondo l’architetto e scultore, fu infatti la sua opera migliore, sintesi perfetta di tutte le arti.

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Sant’Andrea al Quirinale, Borromini

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5. Piazza Navona

Torniamo ora sui nostri passi per dirigerci verso Piazza Navona, dove si conclude il nostro itinerario. Qui si ritrovano, ancora una volta rivali, Bernini e Borromini. 
L’imponente Fontana dei Quattro Fiumi, opera di architettura, oltre che di scultura – voluta da papa Innocenzo X e terminata nel 1651 – è l’ultima testimonianza della discordia tra i due. Pare infatti che Bernini riuscì a sfilare l’incarico a Borromini, al quale si deve peraltro l’idea della rappresentazione dei quattro Fiumi. 
È certo che il risultato stupì committenza e pubblico, anche per la trovata – davvero sorprendente – dell’obelisco poggiato sul vuoto. Nelle figure del Nilo, del Gange, del Danubio e del Rio de la Plata ancora oggi possiamo ammirare una delle prove più eccelse del Bernini scultore, nonché – stando alla vulgata – una delle sue ultime offese all’inviso collega. 

fontana dei quattro fiumi bernini
Fontana dei Quattro Fiumi, Bernini

A Borromini era stato chiesto invece di occuparsi del restauro dell’antistante chiesa di Sant’Agnese in Agone, che l’architetto rivede soprattutto nella sua composizione esterna. La convessità della facciata, che riprende la curvatura già sperimentata qualche anno prima nell’Oratorio dei Filippini, rappresenta l’allegoria di un abbraccio che accoglie metaforicamente gli astanti creando, al contempo, continuità con gli edifici circostanti. 
Ebbene, leggenda vuole che il Nilo e il Rio de la Plata – i due fiumi che si rivolgono alla chiesa – siano intenti rispettivamente a coprirsi e a proteggersi il volto dalle brutture del Borromini. 

chiesa di sant'agnese in agone borromini
Sant’Agnese in Agone, Borromini

Uno smacco più inventato che reale, che rende però bene l’idea della tensione tra i due che, forse solo qui in questa meravigliosa piazza, può trovare finalmente una conciliazione, nel segno della comune esperienza del Barocco romano.

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