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Sandro Botticelli
Pittore simbolo del Rinascimento, Sandro Botticelli con la sua arte incarna alla perfezione lo spirito della cultura della Firenze laurenziana. Nato a Firenze nel 1445, gravita per gran parte della sua vita intorno alla figura del mecenate Lorenzo de’ Medici e con le sue opere dona nuova linfa e una raffinatezza ineguagliata all’arte del suo tempo.
Un giovane fiorentino: infanzia e formazione di un artista nel ‘400
Ultimo dei quattro figli di Mariano Filipepi e Smeralda, Sandro cresce tra la casa in Via della Vigna Nuova e la bottega di famiglia nel quartiere di Santo Spirito. Il padre è conciatore e, sebbene non sia ricco, riesce comunque a mantenere degnamente la famiglia. Ancora molto giovane non mostra una grande attitudine allo studio e il padre decide di mandarlo a bottega da un suo amico orafo, formazione tipica di molti artisti fiorentini del tempo. Il Vasari nelle sue Vite riporta che in quegli anni il giovane comincia a mostrare un certo talento per il disegno, così, intorno al 1461, viene mandato a continuare i propri studi presso il celebre pittore Filippo Lippi. Il suo secondo maestro è Andrea del Verrocchio, artista illustre che formerà anche Leonardo da Vinci. Nella Madonna del Roseto, realizzata a 25 anni nel 1470 e oggi esposta nella Galleria degli Uffizi, possiamo notare la fusione degli stili dei due grandi mentori: il chiaroscuro è netto e profondo, caratteristica tipica della bottega del Verrocchio, mentre il volto di Maria, dolce e morbido, è assolutamente eredità del Lippi.
Botticelli e i Medici
Ma è soltanto nel 1475 che l’artista, ormai trentenne, riceve la prima commissione da parte di Lorenzo de’ Medici. Si tratta di uno stendardo, oggi perduto, raffigurante la dea Minerva. L’opera è destinata al fratello di Lorenzo, l’affascinante Giuliano, in occasione della Giostra di Santa Croce immortalata dal poeta Agnolo Poliziano nelle sue Stanze. Può sembrare opera di poco conto, ma permette a Botticelli di entrare nella cerchia medicea. È questo nuovo ambiente cortese che gli fornirà le ispirazioni per i suoi dipinti più famosi. Già nel 1476 realizza una grande pala per i suoi nuovi committenti: l’Adorazione dei Magi. L’opera è una vera e propria glorificazione della famiglia Medici. Tutti i personaggi principali sono membri di questa illustre casata: Cosimo con i figli Piero e Giovanni come i Re Magi, Lorenzo e Giuliano assistono dalla folla all’elargizione dei doni. Ci troviamo già davanti ad un dipinto rivoluzionario. Non solo la scena sacra è intrisa di significati politici, con i potenti del mondo secolare rappresentati come attori di rilievo nell’episodio biblico, ma la struttura stessa dell’opera rompe gli schemi della tradizione precedente. Per la prima volta la Sacra Famiglia è rappresentata al centro, apice di una piramide immaginaria che ha la propria base nei Medici e i loro conoscenti, donando una visione frontale fortemente contrapposta a quella laterale tipicamente medievale.
Due anni dopo, nel 1478, si consuma il peggior capitolo nella storia della famiglia Medici: la ricca famiglia di banchieri de’ Pazzi, loro storici rivali, ordiscono un complotto con il supporto del Papa, della Repubblica di Siena e altre signorie italiane per sottrarre a Lorenzo il controllo sulla politica cittadina. Domenica 26 aprile, durante la messa officiata in Duomo dal cardinale Raffaele Riario, giovane studente di Pisa che festeggiava la carica appena ricevuta, i due fratelli Lorenzo e Giuliano vengono assaliti in quello che presto si trasforma in una vera e propria guerriglia cittadina. Lorenzo riesce a scappare ma Giuliano, purtroppo, perde la vita. L’attentato non viene ben digerito dal popolo fiorentino. Forse per la stima che i cittadini avevano per Lorenzo, forse per l’atto blasfemo e sacrilego di un omicidio in chiesa, la folla si scaglia contro i congiurati e, uno dopo l’altro, vengono giustiziati. A Botticelli viene affidato il macabro incarico di realizzare dei cartelloni sui quali erano raffigurati i cadaveri impiccati dei congiurati. Queste lugubri effigi vengono dunque appese alla facciata di Palazzo Vecchio come monito. Ormai, Sandro è ufficialmente un sodale compagno del Maginfico.
L’uomo e l’arte al centro del cosmo
Passano gli anni e Sandro è sempre più coinvolto con la cerchia di intellettuali, artisti e poeti che circondano il Magnifico. La cultura della classe dirigente è fortemente incentrata sulla filosofia Neoplatonica, recuperata e in parte riadattata dagli intellettuali umanisti grazie alla grande quantità di scritti greci di età ellenistica che nell’ultimo secolo erano confluiti in Occidente da Costantinopoli. Botticelli ne rimane subito affascinato. L’arte e l’artista sono visti come tramiti fra il mondo delle Idee, per sua definizione trascendente, e la realtà fisica. Sono proprio questi influssi culturali che portano Sandro alla realizzazione delle sue opere più celebri, come ad esempio Pallade e il Centauro, allegoria della ragione che vince contro l’istinto animale, oggi conservata nella Galleria degli Uffizi.
Le due Venere: simboli dell’Arte Rinascimentale
Siamo negli anni ’80 del 1400, ormai il Botticelli può essere considerato quasi un pittore di corte, sebbene ancora una vera corte non ci sia. La famiglia Medici esercita la sua influenza sulla città e la politica italiana principalmente attraverso il denaro e la diplomazia, senza nessun titolo ufficiale. Proprio all’interno di questo contesto Sandro viene mandato, nel 1480, a Roma assieme ad un gruppo di altri artisti fiorentini come dono di pace a Papa Sisto IV, fortemente legato alla Congiura dei Pazzi, con il compito di affrescare parte della Cappella Sistina. Non era insolito per il Magnifico inviare i suoi intellettuali prediletti in visita nelle altre corti italiane. L’obiettivo era sempre uno: mostrare la supremazia culturale, e conseguentemente economica e politica di Firenze e della famiglia Medici.
Ma è intorno al suo ritorno in toscana, nel 1482, che Sandro realizza i due dipinti che più di tutti gli altri lo hanno consacrato come l’emblema della pittura rinascimentale: La Primavera e La Nascita di Venere. Le due opere, per anni considerate sorelle, mostrano similitudini ma anche nette differenze. La prima è un dipinto su tavola mentre la seconda su tela. Una è un tripudio di fiori e figure mitologiche, l’altra un paesaggio essenziale e quasi astratto. La prima testimonianza scritta di questi due capolavori la dobbiamo al Vasari che nel 1550 le descrive come collocate nella villa medicea di Castello, appartenente al ramo popolano della famiglia.
Con La Primavera, Botticelli realizza un vero e proprio catalogo botanico della flora tipica delle colline fiorentine di quell’epoca e m forse, proprio del giardino della Villa di Careggi dove Lorenzo spesso ospitava i suoi prediletti. Nel quadro troviamo infatti almeno 138 specie di piante diverse, tutte riconoscibili e assolutamente reali. Dietro la sua bellezza si celano significati profondamente allegorici. L’artista si ispira forse a una Stanza dell’amico Agnolo Poliziano, nella quale viene descritto un giardino in fiore con le tre Grazie e Zefiro che rincorre Flora, dea della primavera. Nella versione di Botticelli, a questi tre personaggi del mito si aggiungono la ninfa Clori, Mercurio, Cupido e, al centro, una splendida Venere, signora indiscussa del giardino.
Sempre in parallelo con la poetica del Poliziano, vede la luce pochi anni dopo la più grande delle opere del tempo: La Nascita di Venere. Venere, al centro dell’opera come nella tavola precedente, è rappresentata nella posa della Venus Pudica, mentre tenta di coprirsi, forse ispirata ad una statua antica presente nella collezione dei Medici. Zefiro e Aura, divinità legate all’aria e ai venti sospingono da sinistra la dea verso riva, dove una delle Ore la attende porgendole un mantello riccamente ricamato. Qui, Botticelli è totalmente calato nel mondo metafisico delle idee. L’ambientazione è eterea, la luce quasi divina. Venere, al centro incanta con il suo volto meraviglioso e la sua splendida chioma. In questo dipinto in particolare possiamo vedere la caratteristica fondamentale delle opere dell’artista fiorentino, ovvero l’impiego del disegno come strumento unico per la composizione delle scene e dei personaggi. Tutto, dal colore alla prospettiva, è subordinato alla leggera linea che delimita tutto. I suoi soggetti sono quasi privi di volume e massa, leggeri e senza profondità fisica. Le figure sembrano ritagliate dal sottile tratto del suo disegno mentre le scene e i fondali sono piatti, come se i personaggi fossero incollati su una parete dipinta. La realtà che rappresenta è fondamentalmente e volutamente astratta, svincolata dalla natura e calata in una dimensione mentale e immaginaria.
Gli anni maturi, la morte di Lorenzo e la crisi mistica
Sebbene Botticelli sia celebre soprattutto per le sue opere a tema pagano, non vanno trascurate le sue commissioni a carattere religioso. Due celeberrime tavole sono i Tondi denominati Madonna del Magnificat e Madonna della Melagrana, rispettivamente del 1485 e 1487 circa e oggi conservata agli Uffizi. Specialmente nella prima si notano ancora gli insegnamenti del caro maestro Filippo Lippi. Maria è bellissima, anche se il suo volto è malinconico, e i colori sono preziosi come gemme. La scena è abilmente costruita per assecondare la forma circolare dell’opera, con corpi curvi e le linee di forza delle mani che convergono sul libro. La vita e la carriera dell’artista non potrebbero andare meglio, ma la quiete della sua cara Firenze viene presto guastata.
All’inizio degli anni ’90 del secolo, giunge in città un oscuro frate domenicano. Girolamo Savonarola, di origini ferraresi, comincia a predicare la necessità di un rinnovamento culturale e spirituale, denunciando gli eccessi della Chiesa e delle famiglie patrizie cittadine. Trai suoi obiettivi c’è anche la flagellazione delle arti e della filosofia, viste come troppo legate alle tradizioni pagane dell’antichità classica. La crisi religiosa della città inizia dai semplici, dai lavoratori a domicilio, dai contadini, scontenti del governo dei potenti, ma non riesce a dilagare completamente grazie alle contromisure prese dal governo mediceo. Nel 1492, alla morte di Lorenzo, la crisi investe la città. Tre giorni prima un fulmine aveva colpito la Lanterna della Cupola del Brunelleschi. I due eventi vengono subito interpretati come auspici divini. Due anni dopo, Piero de’ Medici viene cacciato dalla città e Firenze, spronata dal Savonarola, proclama la Repubblica.
Sandro Botticelli viene profondamente colpito dalle prediche del frate e dagli eventi che investono la sua città. Di fronte ai roghi delle vanità, durante i quali i seguaci di Savonarola bruciano oggetti, libri e opere d’arte considerate peccaminose, l’artista comincia a maturare un forte senso di colpa per le tematiche trattate in gioventù. Gli ultimi anni della sua produzione artistica sono caratterizzati da un misticismo estremo, forse un tentativo di redimersi agli occhi di Dio. L’opera che rappresenta questa netta rottura col suo passato è senza dubbio La Calunnia, terminata intorno al 1495 e conservata agli Uffizi. La scena si sviluppa partendo da destra, con Re Mida, il quale interpreta il ruolo del cattivo giudice, seduto in trono e consigliato dalle allegorie dell’Ignoranza e del Sospetto, al cospetto di Livore, mentre giudica un Calunniato trascinato dalla Calunnia stessa la quale è a sua volta accompagnata dalle ancelle Insidia e Frode. Al lato opposto una vecchia, personificazione del Rimorso, guarda verso la Nuda Veritas la quale a sua volta si rivolge al cielo, a Dio, unica fonte di Giustizia. Il dipinto, in totale contrapposizione con le sue idee giovanili, è una aperta critica al mondo antico, un mondo senza Dio e dunque senza misericordia e vera giustizia.
All’inizio del nuovo secolo, la sua fama è ormai in declino, soppiantato da una nuova generazione di grandi artisti come Leonardo e Michelangelo. Gli ultimi anni della sua vita li trascorre quasi in povertà e in solitudine.
Sandro Botticelli muore a Firenze nel 1510, all’età di 65 anni, lasciando una ricca eredità di opere cariche di significati simbolici e allegorici, intrise di fascino e mistero.
Foto di copertina: Autoritratto, 1483-1484 circa, Sandro Botticelli, National Gallery, Londra, Regno Unito
Firenze, 1445 – Firenze, 1510
Pittura
Galleria
Il neoplatonismo alla corte Medicea
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