Insieme ad Architettura, Pittura e Scultura, l’arte dei Giardini all’Italiana è tra le eredità più rappresentative del Rinascimento. Caratterizzati da grande equilibrio ed eleganza, i giardini rappresentano il prodotto di una cultura e di una accurata ricerca estetica che trovò nell’organizzazione della natura una forma di espressione. Le ville cinquecentesche divennero il contesto ideale in cui disporre elementi naturali e artificiali secondo il nuovo ordine.
Tuttavia qui, come altrove, la storia ha fatto il suo corso e il Giardino all’italiana, con le sue caratteristiche peculiari, si è evoluto in tal modo da lasciar intravedere solo in parte la sua configurazione iniziale. Conoscerne l’origine e i tratti salienti aiuterà a riconoscerne le tracce.
Breve storia del Giardino all’italiana: dall’antichità al Settecento
Per comprendere origini e caratteristiche del Giardino all’italiana è necessario percorrere per sommi capi la storia del Giardino Italiano. Questo, infatti, è uno schema progettuale, una modalità di organizzare e vivere lo spazio esterno che presuppone la conoscenza di precedenti più antichi.
L’antichità
La sua nascita fonda le sue radici nel mondo latino. Come è noto, i romani conquistatori, intelligentemente, assorbivano dai popoli assoggettati tradizioni e usanze che adattavano, mutandole, nei loro territori d’origine. Accadde lo stesso anche per la cultura ellenica del giardino: ciò che i greci – debitori a loro volta della cultura orientale – avevano riservato ai luoghi di culto, fu dai romani esteso alle abitazioni civili.
Le ville romane divennero così teatro di elementi e innovazioni trasmessi poi al successivo giardino rinascimentale: dalla meccanica idraulica, alla funzione pratica e ornamentale degli alberi, alla ricerca di effetti visivi e sonori degli elementi architettonici.
Il Medioevo
Il declino dell’Impero romano e l’inizio dell’epoca medievale, segnata da incertezza, carestie e invasioni, portarono a una interpretazione più strettamente utilitaristica della campagna, i cui frutti erano necessari per la sopravvivenza.
Eppure è nel corso di questi secoli che si manifesta una nuova interpretazione del giardino. Sull’onda del monachesimo che coinvolse le comunità religiose dell’epoca, nacquero infatti i giardini monastici: luoghi protetti dal mondo esterno da alte mura e recinti e dove era possibile ricercare la comunione mistica con Dio. L’hortus conclusus divenne espressione di significati simbolici: richiamo dell’Eden primordiale, scenario dell’armonia terrestre fra le creature, mediatore essenziale della dimensione ultraterrena.
La lettura cristiana e il conseguente rinnovamento agricolo, non furono i soli a contribuire alla sopravvivenza e progressiva rinascita del giardino italiano. Molto si deve anche alle conquiste arabe del sud d’Italia e alla crescita della nobiltà rurale e della borghesia cittadina che caratterizzarono l’Italia dei Comuni.
In Sicilia gli arabi, esperti in materia di irrigazione e coltivazione, introdussero nuove varietà di piante: cedri, aranci e limoni, ma anche cannamela, cotone, dattero e banani. Il grammatico Abû Bákr Muhammad riferisce persino che il nome Sicilia derivasse dall’unione di due parole Sikah Kîlîyah che in lingua rûmi significavano fico e ulivo, alberi prediletti dai musulmani. Nella penisola intanto si andavano diffondendo nuove idee sul rapporto tra arte e natura e, accanto all’antica nobiltà feudale, nuove classi sociali affermavano il loro acquisito potere oltre i confini cittadini. L’Allegoria del Buono e del Cattivo Governo dipinto da Ambrogio Lorenzetti nel 1338 nel Palazzo Pubblico di Siena – e oggi visibile al Museo Civico della città – anticipa questa nuova spinta alla riconquista delle campagne, che troverà la sua più alta espressione nel Rinascimento.
Il Rinascimento
La riscoperta del mondo antico, che permea il XV e XVI secolo, condizionò anche la progettazione del verde, dando vita al Giardino all’italiana come oggi lo conosciamo.
Le ville rurali della fiorente borghesia cittadina, furono edificate con le nuove consapevolezze derivate dallo studio dei testi classici e dell’interpretazione che gli intellettuali del tempo ne diedero, oltre che dalla rinnovata curiosità per le scienze naturali.
A metà del Quattrocento il trattato De re Aedificatoria di Leon Battista Alberti definisce i criteri fondamentali per costruire la villa, a poca distanza dai centri urbani, per fornire diletto e profitto a chi la abitava. Diletto, grazie a un’attenta scelta architettonica – già propria dei romani – che contemplava “distese di prati fioriti, campagne soleggiate, boschi ombrosi e freschi, sorgenti e ruscelli limpidissimi, specchi d’acqua dove bagnarsi”, in armonia con il paesaggio circostante.
Profitto, perché le ville non erano solo luoghi di villeggiatura, ma veri e propri centri agricoli, che fornivano al signore sostentamento e guadagno.
L’oziosa contemplazione della natura era favorita dalla presenza del giardino e non è un caso che l’Accademia neoplatonica, circolo intellettuale fondato nella seconda metà del Quattrocento a Firenze dal filosofo Marsilio Ficino, ebbe sede proprio nella Villa di Careggi di Cosimo de’ Medici.
Se molte delle ville toscane che inaugurarono la tradizione del Giardino all’italiana furono medicee, a Roma l’arte dei giardini è legata in primo luogo alle ville sorte per iniziative papali. Con l’esilio del papato ad Avignone, in Francia, Roma conobbe un periodo di declino e solo quando la sede italiana venne ripristinata, nel XV secolo, la città tornò lentamente ai fasti di un tempo. La vera ripresa si deve in particolare a Giulio II, pontefice tra il 1503 e il 1513, che chiamò in Vaticano i massimi talenti dell’arte italiana. Lavorarono per lui Michelangelo Buonarroti, Raffaello Sanzio e Donato Bramante. Negli anni successivi si avvicendarono alle dipendenze dei papi altri nomi illustri: gli architetti Vignola (Jacopo o Giacomo Barozzi), Pirro Ligorio e lo scultore Bartolomeo Ammannati, solo per citarne alcuni. Villa Giulia e Villa Pia (entrambe della metà del Cinquecento) conservano ancora oggi tracce dei loro mirabili interventi.
Oltre il Rinascimento
Nei secoli immediatamente successivi al Cinquecento si assiste a evoluzioni di forma, più che di contenuto: i caratteri già propri del Giardino all’italiana vengono esasperati da una continua ricerca dello spettacolo e dell’inedito. Questo periodo è inoltre caratterizzato da note contraddittorie: se, da un lato, il paesaggio che circondava il giardino era visto come ulteriore occasione di vicinanza con la natura (in linea con l’ideologia rinascimentale), dall’altro la moda francese suggeriva un progressivo distacco della classe nobiliare dalla realtà sociale che animava quella stessa campagna. Nel corso del Settecento e dell’Ottocento, francesi e inglesi guardano al giardino italiano elaborando però propri modelli distintivi, in netto contrasto tra loro. La formalità grandiosa dei primi si contrappone alla libertà dei secondi, che teorizzarono una disposizione irregolare e pittoresca del giardino. Un’impostazione che, col tempo, si affermò anche in Italia dando vita a un nuovo stile, quello paesistico.
Giardini all’italiana: caratteristiche ed elementi tipici
Il Giardino all’italiana fu dunque concepito e sviluppato in epoca rinascimentale. Tra il Quattro e il Cinquecento questa nuova arte si diffuse da Firenze, a Roma, e fino alle corti settentrionali di Mantova, Ferrara e Venezia, seguendo precise linee stilistiche, in parte visibili ancora oggi in alcune ville superstiti.
La definizione degli spazi
Non solo gli edifici, ma anche i giardini, seguono nel Rinascimento una regola geometrica definita.
Un asse principale, originato dal portone della villa e incrociato da assi secondari, dà vita a un chiaro impianto ortogonale. Le estremità dei viali e dei sentieri che attraversano il giardino non sono mai casuali, ma iniziano e terminano secondo un determinato progetto. Si cerca la polarità, la tensione degli elementi, il contrasto tra luce e ombra: ciò che si apre con una terrazza panoramica da un lato, si chiude con una grotta dall’altro.
Sono da preferire le figure geometriche, raccomandate in primis dall’Alberti: quadrati, cerchi e semicerchi sono tracciati per costruire spazi che dialogano con il palazzo di cui costituiscono un continuum. La definizione degli spazi è affidata a muri, che ospitano nicchie; a filari di alberi, soprattutto cipressi, ma anche tassi, bossi e lecci; e a siepi, in voga soprattutto nel Sei e Settecento.
La terrazza
L’articolazione del giardino rinascimentale in superfici terrazzate lo discosta definitivamente dall’hortus conclusus medievale. Pur delimitato da muri e siepi, infatti, il Giardino all’italiana sfrutta la suddivisione in più livelli per creare aperture e punti panoramici da cui far spaziare l’occhio oltre la villa, verso il paesaggio. Il belvedere e la bella vista sono dunque elementi essenziali per godere della bellezza del mondo circostante. Lo stesso vale per le logge. Scrive l’Alberti: “il costruire balconate sulla facciata della casa sarà opera piacevole”. Ricavate sulla parete esterna della casa, le logge affacciavano sui giardini e sulla campagna, divenendo luogo privilegiato di osservazione e contemplazione.
Il parterre
Dall’alto della terrazza era inoltre possibile ammirare la geometria creata con le aiuole, i cosiddetti parterre. Le composizioni di cespugli, perlopiù bossi, vennero infatti impiegate per costruire spazi cruciformi divisi in settori. Decorati in modo inizialmente piuttosto semplice e via via sempre più sofisticato, i parterre rinascimentali avevano non solo una funzione decorativa bidimensionale (quando visti dall’alto), ma davano al giardino una piacevole volumetria. Oggi purtroppo non abbiamo più esempi visibili di parterre decorati con alberi da frutto: frequenti nei giardini dei primi decenni del Rinascimento, caddero in disuso in epoca barocca.
Alternativa ai parterre erano la limonaia e l’arancera, in cui gli alberi vengono collocati all’interno di vasi e disposti in modo talmente ravvicinato da creare l’immagine di un bosco di agrumi. Il labirinto invece ebbe particolare fortuna sul finire del XVI secolo e oltre, tanto in Italia quanto nei giardini dell’Europa centro-settentrionale.
La scalinata
La scalinata assume nel Giardino all’italiana una grande varietà di forme e stili. Inaugurata dal Bramante nel Belvedere vaticano, diventa ben presto un componente immancabile dell’arte del giardino rinascimentale e una testimonianza dell’ingegno architettonico dei progettisti dell’epoca. Sempre più imponente e monumentale, la scalinata avrà larga fortuna nei giardini Cinquecenteschi e Barocchi, anche in virtù del suo carattere scenografico: non solo bella da vedere, diventava essa stessa il palcoscenico ideale da cui mostrarsi, una quinta ornamentale del giardino che assolveva anche alla funzione celebrativa di chi la percorreva.
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La pergola
Porzione di giardino aperta ma riparata, la pergola era nota e diffusa fin dall’antichità. Questa tettoia, ricoperta di piante rampicanti e spesso odorose, offriva infatti un utile e gradevole ricovero durante le passeggiate e, di fatto, non era mai stata dismessa anche nel corso del Medioevo. La medicea villa-castello rinascimentale del Trebbio, a pochi chilometri da Firenze, conserva ancora oggi la pergola originale, costituita da pilastri rotondi con capitelli di arenaria e una copertura di foglie di vite e rose.
L’acqua
Come la pergola, anche l’acqua ha una lunga tradizione all’interno dei giardini, specialmente quelli di matrice orientale ed ellenica. Con riferimento al Giardino all’italiana e alle sue caratteristiche, è necessario distinguere l’uso dell’acqua in due modalità: ferma o in movimento.
Del primo gruppo fanno parte le vasche di forma rettangolare o circolare dove l’acqua sgorga da un condotto scolpito. In alcuni casi, la superficie è arricchita da ninfee e sculture ornamentali di pesci e uccelli. Nelle sue manifestazioni più grandiose, la vasca assume i connotati di un piccolo laghetto e, al centro, ospita un isolotto artificiale, raggiungibile da strette passerelle. Il Giardino di Boboli a Firenze presenta un magnifico esempio di piscina con superficie sopraelevata al centro, che ospita addirittura un giardino e una fontana.
L’acqua in movimento, invece, si sostanzia in numerose varianti, che qui possiamo sintetizzare in:
- sculture che nascondono i condotti di uscita, spesso in forma di teste di animali circondate da muschi e felci;
- fontane, ovvero getti che si innalzano per poi ricadere nella vasca creando scenografici zampilli;
- cascate, solitamente affiancate da scale, introdotte per la prima volta dal Vignola e nei secoli successivi crebbero in grandezza e spettacolarità;
- giochi d’acqua: tipici del Seicento, sono la prova di una scienza idraulica evoluta e dell’atmosfera scanzonata dei giardini cortesi del periodo.
Le sculture ornamentali
In questo caso, a fare scuola fu il cortile accanto alla ville del Belvedere che Bramante progettò per papa Giulio II. È qui infatti che furono disposte le statue della collezione pontificia, tra cui l’Apollo del Belvedere e il Gruppo del Laocoonte.
Così facendo, il giardino si ergeva a spazio espositivo assicurando, allo stesso tempo, il legame con la tradizione romana, che impiegava l’uso delle statue per la decorazione degli spazi esterni.
Tra i soggetti prediletti nel giardino del Rinascimento rientrano le divinità classiche: Venere, Flora, Diana, Bacco e altre divinità fluviali, oltre che satiri e altre figure mitologiche. Il Barocco prediligerà invece temi d’attualità e vita di corte, come musici, nani e buffoni. Il Nano Morgante, sito all’interno del Giardino di Boboli, è forse il più famoso di questa tipologia.
Non va infine trascurato lo stretto rapporto che le sculture avevano con la vegetazione e con le fontane, come in parte già accennato. Manierismo e Barocco segnano, anche qui, un punto di svolta, con rappresentazioni sempre più ardite e sofisticate: Giambologna, Tribolo e Bernini ne sono autori rinomati.
La grotta
È raro che le grotte, tratto tipico di tutti i giardini cinquecenteschi di stampo manierista, siano naturali. Più spesso sono invece artificiali e ornate in vario modo. Anche le dimensioni cambiano: si va dalle nicchie con piccoli rivoli d’acqua e decorazioni a mosaico, alle vere e proprie sale arredate con statue. Soffitto e pareti, su cui scorre l’acqua, sono ricoperti di muschio e felci, e di concrezioni di tufo, pietra pomice, mosaici, conchiglie, stalattiti, cristalli e graffiti che creano un insieme al contempo carico e raffinato. Apripista di questa tradizione furono le grotte create dal Buontalenti per Francesco I de’ Medici nel giardino di Villa Pratolino e nei Giardini di Boboli divenuti entrambi mete immancabili dei grand tour del XVII e del XVIII secolo.
Il bosco e le piante
Opposto, per aspetto e funzione, al parterre, e funzionale alla grotta, il bosco era l’espressione – controllata – della natura selvaggia. Qui ci si rifugiava per trovare refrigerio e frescura. Villa Rizzardi, realizzata alla fine del Settecento in provincia di Verona, presenta ancora oggi uno degli ultimi esempi di Giardino all’italiana e il suo boschetto di olmi custodisce un padiglione a cielo aperto di rara bellezza.
Gli olmi, insieme ai già citati cipressi, ai pini, ai lecci, ai platani e agli aceri sono alberi tipici del Giaardino all’italiana. A questi si affiancano anche la Magnolia Grandiflora e, in Toscana, i cedri, mentre scendendo lungo la penisola non è insolito trovare le palme. E poi ancora vite rampicante ed edera e alberi da frutto. Aranci e limoni avevano un ruolo ornamentale simbolico, come dimostrato da numerosi dipinti coevi (uno su tutti, la Primavera di Botticelli).
L’arte topiaria, ovvero la potatura artistica delle chiome degli alberi, fu facilitata dalla presenza di bosso, tasso, ginepro, rosmarino, alloro, lauroceraso, arbusti tipicamente mediterranei. Ortensie, azalee, rododendri, camelie, glicini e bouganville arrivarono a noi, nel corso del XVIII e XIX secolo, tramite gli inglesi, che li avevano importati dall’estremo Oriente.
Per quanto riguarda i fiori, le attuali condizioni dei giardini non ci permettono di ricostruire con certezza quali fossero; ma pittura e letteratura lasciano intendere che anche questi fossero parte del patrimonio vegetale del giardino rinascimentale. Possiamo dunque immaginare: rose, viole, ciclamini, gigli bianchi, mughetti, garofani, primule, iris, giaggiolo, violette del pensiero, margheritine e non-ti-scordar-di-me.
Oggi, per quanto ormai lontani dal pensiero e dai principi che portarono alla nascita e all’evoluzione dei giardini all’italiana, ne comprendiamo perfettamente l’apporto benefico, quasi spirituale.
D’altra parte, il giardino contemporaneo è anche uno spazio pubblico, una visione estranea all’uomo del Rinascimento, poiché il primo parco pubblico fu St. James Park, realizzato a Londra da John Nash nel 1814.
Ma questa è un’altra storia.