Tra i tanti onori che Firenze può vantare c’è anche quello di essere il luogo dove Leonardo Da Vinci muove i primi passi nel mondo dell’arte, affinando il suo straordinario talento. Oggi le opere di Leonardo presenti in città ci permettono di apprezzarne l’evoluzione. Tutte conservate alle Gallerie degli Uffizi, sono infatti tra i capolavori che meglio testimoniano il percorso compiuto dal grande Maestro toscano, dalla precoce abilità al genio conclamato.
Il Battesimo di Cristo: quando l’allievo supera il Maestro
Racconta Vasari che il padre di Leonardo, il notaio Piero di Vinci, accortosi della straordinaria abilità del figlio nel disegno, decise di mandarlo a bottega presso l’amico Andrea del Verrocchio, artista rinomato. Non sappiamo a che età precisamente il giovane Leonardo inizia l’apprendistato, ma il suo talento è sicuramente precoce e, se è vero quanto narrato nelle Vite*, non tarda a manifestarsi anche agli occhi del suo Maestro.
Pare infatti che il Verrocchio fosse impegnato nella realizzazione di una pala dedicata al Battesimo di Cristo e, com’era usanza del tempo, avesse coinvolto anche i suoi allievi nell’esecuzione. “Lionardo lavorò un Angelo, che teneva alcune vesti” scrive il Vasari, “e benché fosse giovanetto, lo condusse di tal maniera che molto meglio de le figure d’Andrea stava l’Angelo di Lionardo. Il che fu cagione ch’Andrea mai più non volle toccar colori, sdegnatosi che un fanciullo ne sapesse più di lui”.
La datazione dell’opera è fissata tra il 1470 e il 1475: a soli vent’anni, Leonardo ha già superato il Maestro che, scottato da questa esperienza, avrebbe abbandonato per sempre la pittura.
In realtà quest’ultimo fatto è poco probabile, tutto l’episodio testimonia però la qualità assoluta del suo intervento.
D’altra parte, anche l’occhio meno esperto non farà fatica a riconoscere nell’angelo di sinistra una delicatezza e un naturalismo assenti nelle altre figure, pure rappresentate con grande minuzia e verosimiglianza. I suoi lineamenti gentili, la resa pittorica e la posa, quasi fosse sul punto di girarsi, si distinguono infatti nettamente dagli altri soggetti.
Oggi gli studiosi attribuiscono alla mano di Leonardo anche alcune parti dello sfondo e della figura di Cristo, mentre è ancora dibattuta l’identità di un terzo pittore che avrebbe partecipato alla tavola. Secondo alcuni, l’angelo di destra fu eseguito da Botticelli, mentre altri ravvisano la presenza di un artista più anziano nelle meno riuscite mani del Dio Padre e nella colomba dello Spirito Santo in alto.
L’Annunciazione: il talento svelato
Senza committenti e priva di una collocazione a noi nota, l’Annunciazione fu realizzata nello stesso periodo del Battesimo di Cristo (1472 circa), ma il talento e l’abilità raggiunta da Leonardo è qui completamente svelata. Il tema è quello già ripreso da predecessori illustri come Simone Martini, Filippo Lippi e Beato Angelico: l’arcangelo Gabriele annuncia a Maria il concepimento virginale e la futura nascita di Gesù.
Tuttavia, la scena realizzata da Leonardo è caratterizzata da un verismo nuovo: i volumi dei corpi, sagomati da panneggi, diventano più concreti e, in quanto tali, proiettano ombre, come quella dell’angelo sul prato, le cui ali sembrano ispirarsi a quelle di un maestoso rapace.
Anche l’architettura alle spalle di Maria è realistica, così come l’elaborato leggio, che ricorda il sarcofago di Piero il Gottoso realizzato dal Verrocchio nella chiesa di San Lorenzo a Firenze.
L’interesse di Leonardo per la botanica e per gli effetti luminosi è evidente: il paesaggio sullo sfondo presenta già i caratteri dello sfumato ai quali l’autore ricorre, di qui in avanti, per restituire il senso atmosferico della lontananza.
Solo il braccio destro della Vergine risulta sproporzionato rispetto al resto del corpo e della composizione, perché troppo lungo. Una disarmonia che si è pensato essere voluta e che viene corretta otticamente se si guarda la tavola da destra, probabile punto di osservazione privilegiato dell’opera.
L’Adorazione dei Magi: un capolavoro incompiuto
L’Adorazione dei Magi è uno dei (tanti) capolavori incompiuti di Leonardo, lo stadio di realizzazione ci ha permesso di apprezzare le diverse fasi creative dell’autore, impegnato qui in un’opera di dimensioni monumentali (parliamo di una tavola di 244 x 240 cm). Al centro del dipinto, la Vergine col Bambino in grembo. Attorno al gruppo divino si inginocchiano i Magi, mentre altre figure accorrono per celebrare l’Epifania. Sullo sfondo, tagliato in due dalla palma del martirio, si consuma invece una battaglia equestre e sulla sinistra si intravede il profilo di un edificio in costruzione o in abbandono.
Atteggiamenti ed espressioni qualificano i vari personaggi – alcuni appena accennati, altri più sviluppati. Questa sinfonia di gesti e pose corrisponde a quello che Leonardo chiamava la raffigurazione dei moti dell’anima, ovvero i pensieri e i sentimenti del soggetto dipinto.
Iniziata nel 1481, l’opera non fu mai portata a termine e dopo una lunga – e infruttuosa – gestazione Leonardo l’abbandona presso la dimora dei Benci, amici della sua famiglia, per recarsi a Milano alla corte di Ludovico il Moro.
Amaramente delusi, i Canonici regolari di Sant’ Agostino (che avevano commissionato l’opera per l’altare maggiore della chiesa di San Donato a Scopeto, nei pressi di Firenze), affidano quindi un nuovo incarico a Filippino Lippi, che lo porta a termine nel 1496 (oggi la sua Adorazione dei Magi è conservata agli Uffizi).
Leonardo ha raggiunto la piena maturità, ma la sua curiosità è insaziabile e irrequieta: Vasari parlerà di “uno intelletto tanto divino e maraviglioso”, ma anche di “capricci”. Se, da una parte, questo carattere gli ha permesso sperimentazioni continue (e a noi di godere di magnifiche invenzioni), dall’altra lo ha ostacolato nella conclusione di opere potenzialmente sensazionali, come la Battaglia di Anghiari.
La Battaglia di Anghiari: l’opera mai realizzata
Nei primissimi anni del XVI secolo, Leonardo riceve l’incarico dalla Repubblica di Firenze di affrescare un’enorme parete all’interno della Sala dei Cinquecento, il luogo di Palazzo Vecchio dove si riuniva il Gran Consiglio. Di lì a poco, anche il giovane e promettente Michelangelo riceve una commessa analoga. Al primo viene chiesto di raffigurare la Battaglia di Anghiari, mentre al secondo la Battaglia di Cascina: due episodi bellici dai quali Firenze era uscita vittoriosa. L’intento era dunque celebrativo e simbolico.
Sfortunatamente, però, nessuna delle due opere è mai venuta alla luce.
Michelangelo infatti abbandona l’impresa poco dopo averne realizzato il cartone preparatorio e riparte alla volta di Roma.
Sei interessato ad articoli come questo?
Iscriviti alla newsletter per ricevere aggiornamenti e approfondimenti di BeCulture!
A lungo si è ritenuto che Leonardo avesse realizzato almeno in parte la sua composizione, rinunciando poi per problemi tecnici. Leggenda vuole che avesse tentato, invano, uno dei suoi famosi esperimenti applicando l’antica tecnica dell’encausto (che consisteva nell’asciugare la pittura attraverso delle torce, poi risultate insufficienti allo scopo).
All’inizio degli anni Duemila è stato prelevato del materiale dalla parete che, secondo alcuni, avrebbe dovuto nascondere la Battaglia leonardesca. Parete su cui Vasari lavorò successivamente per realizzare il suo imponente ciclo di affreschi, tuttora conservati e visibili, dedicati ai successi militari di Cosimo I de’ Medici.
Ulteriori indagini hanno però rivelato che non c’è nessuna Battaglia di Anghiari sotto il dipinto di Vasari. Per avere un’idea dell’opera di Leonardo, dobbiamo perciò accontentarci dei suoi studi preparatori, parziali, e delle copie che ci sono pervenute. Di queste, la più famosa è la Tavola Doria, di datazione e autore incerti (realizzata probabilmente nel 1563, oggi è attribuita senza unanimità a Francesco Morandini detto il Poppi). Qui è visibile, almeno in parte, l’esito voluto da Leonardo: uno scontro ravvicinato e animato tra cavalieri fiorentini e milanesi – impegnati a contendersi il vessillo del ducato di Milano – immortalati in gesti violenti e smorfie feroci. La brutalità della battaglia è dunque manifesta e si riflette anche nell’espressione atterrita dei cavalli, rappresentati con estrema fedeltà.
Nonostante le numerose opere incompiute e quelle le cui sperimentazioni non hanno retto il passare del tempo, il lascito di Leonardo rimane ineguagliabile. Visitare Firenze è anche rivivere un’epoca e avere davanti ai propri occhi la prova materiale di come Leonardo sia riuscito a trasformare le sue idee in nuovi traguardi per la storia dell’arte, comprese – paradossalmente – le opere mai realizzate.
* Artista, architetto e uomo di lettere alla corte dei Medici, Giorgio Vasari (1511-1574), fu anche autore de Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri (edito nel 1550 e nel 1568, con aggiunte), opera fondamentale per la storiografia artistica italiana.