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Cani, gatti e specie esotiche: gli animali nell’arte del Rinascimento

Cani, gatti e specie esotiche: gli animali nell’arte del Rinascimento

animali nell'arte del rinascimento madonna di norimberga
animali nell'arte del rinascimento madonna di norimberga

Un nuovo interesse per la natura e il retaggio della simbologia medievale: sono queste le chiavi di lettura dei dipinti del Rinascimento dove compaiono gli animali. L’arte figurativa di questo periodo si concentra infatti sulla rappresentazione realistica del mondo, senza però dimenticare quel ricco repertorio di metafore e allusioni tipiche dell’epoca precedente. Così, gatti, cani, volatili e specie esotiche fanno capolino nelle opere dei pittori del Quattro e del Cinquecento con significati per noi talvolta oscuri. Questo breve percorso nella zoologia rinascimentale ci aiuta a interpretarli e a comprendere ancora meglio le intenzioni degli artisti.

Il cane, da sempre il più fedele amico dell’uomo

Difficile pensare a un animale più comune del cane che, nella tradizione Occidentale, ha avuto quasi sempre una valenza positiva. Lo troviamo nell’iconografia religiosa e in quella profana, ma soprattutto lo riconosciamo come simbolo di fedeltà nella ritrattistica di Quattro e Cinquecento.
È così, ad esempio, nel celebre Ritratto dei Coniugi Arnolfini di Jan van Eyck (1434, Londra, National Gallery) nel quale un tenero cagnolino occupa lo spazio in basso, in corrispondenza delle mani giunte della coppia, chiara allusione alla fedeltà coniugale. 

ritratto dei coniugi arnolfini van eyck
Ritratto dei Coniugi Arnolfini, Jan van Eyck

Lo stesso significato si può leggere anche in immagini con una sola figura, come nel Ritratto di Eleonora Gonzaga, duchessa di Urbino (1537 ca.) e nella Venere di Urbino (1538), entrambe realizzati da Tiziano e oggi conservati alla Galleria degli Uffizi, a Firenze.
Diversissime tra loro, le tele hanno però in comune proprio il cagnolino che riposa accovacciato al lato delle due donne, allusione alla costanza e alla devozione in amore. Una presenza che non sorprende se si considera anche la predilezione di Tiziano per questo animale, dipinto in oltre 30 versioni all’interno dei suoi quadri. 

venere di urbino tiziano
Venere di Urbino, Tiziano

Eppure il cane non ha assunto sempre e solo significati positivi. Lo si vede bene nell’opera Giovane cavaliere di Vittore Carpaccio, erroneamente attribuita a Dürer fino al 1919. 
Qui compaiono due cani: uno vicino al condottiero a cavallo sullo sfondo, ancora una volta metafora di lealtà, e l’altro ai piedi dell’albero a destra, randagio e minaccioso. Quest’ultimo indica le avversità non ancora superate dal cavaliere, in contrapposizione alla sua purezza d’animo, simboleggiata dall’ermellino bianco in basso a sinistra.

ritratto di eleonora gonzaga tiziano e giovane cavaliere vittore carpaccio
Ritratto di Eleonora Gonzaga, Tiziano Vecellio, (sx); Giovane cavaliere, Vittore Carpaccio (dx)

Il gatto, un animale nefasto

Gatto e cane, si sa, vanno poco d’accordo e proprio questo rinomato contrasto è stato ripreso in alcune rappresentazioni dell’Ultima Cena, dove i due animali si affrontano sotto al tavolo per indicare rivalità e inimicizia. Il gatto è inoltre spesso associato al tradimento (e per questo raffigurato ai piedi di Giuda), al diavolo e alla lussuria. 
Emblema di impurità, lo vediamo anche sulla pedana lignea del San Gerolamo nello studio di Antonello da Messina, (1475 ca., Londra, National Gallery), proprio sotto a un asciugamano sporco che ha lo stesso significato. Al felino si oppongono qui il leone – attributo iconografico del santo – che scorgiamo a destra in ombra e i due volatili in primo piano: la coturnice, legata a San Girolamo, e il pavone che allude alla purezza. 

san gerolamo antonello da messina e annunciazione di recanati lorenzo lotto
San Gerolamo, Antonello da Messina (sx); Annunciazione di Recanati, Lorenzo Lotto (dx)

Il gatto, protagonista inatteso dell’Annunciazione di Lorenzo Lotto (1527, Recanati, Pinacoteca Comunale), colpisce per la sua spontaneità e aggiunge un tocco di calibrata ironia alla scena: fugge con un guizzo, spaventato dal trambusto causato dall’apparizione dell’angelo che preannuncia la nascita di Cristo a Maria.

L’ermellino, purezza e castità muliebri

Non vediamo invece ciò che turba l’ermellino che si agita in braccio a Cecilia Gallerani nel famoso ritratto di Leonardo Da Vinci, Dama con l’ermellino (1490, Cracovia, Muzeum Czartoryskich). Si tratta in realtà di un furetto – l’ermellino infatti non è addomesticabile – che richiama la castità e la purezza: secondo un’antica credenza, infatti, se si macchia il candido manto, muore. Per questo può essere associato anche a Maria e ad altre sante vergini che ne indossano la pelliccia. Nel ritratto di Leonardo, il curioso animaletto serve ad esaltare le virtù della giovane amante di Ludovico il Moro (duca di Milano), vicina ai letterati del tempo e poetessa lei stessa. L’ermellino, oltre a richiamare le qualità cortesi della dama, nasconde qui alcuni significati particolari: è uno degli emblemi di Ludovico e il suo nome in greco (galè) riprende le prime lettere del cognome Gallerani, suggerendo l’identità della donna.

la dama con l'ermellino leonardo da vinci
La dama con l’ermellino, Leonardo Da Vinci

Il cavallo, tra celebrazione e dannazione

Hanno una funzione espressamente celebrativa i ritratti rinascimentali di cavalieri, re e nobili a cavallo, animale oggetto di osservazione e interesse da parte di Leonardo e, prima di lui, di Paolo Uccello, come dimostra il suo maestoso trittico con la Battaglia di San Romano. Eppure, non solo di forza e vitalità è sinonimo il cavallo, che può assumere anche valenze negative. È così che va interpretata, ad esempio, la coppia di equini raffigurati da Hans Memling nel Dittico dell’allegoria del vero amore del 1485-1490, oggi smembrato tra New York e Rotterdam. Nella tavola olandese, si vedono un cavallo bruno, originariamente rivolto verso la dama del pannello americano, e un cavallo bianco che beve con in groppa una scimmia. Quest’ultima allude agli appetiti bestiali che costringono l’animale a cedere ai suoi istinti rifiutando l’amore nobile per piegarsi alla passione.  

battaglia di san romano paolo uccello
Battaglia di San Romano, Paolo Uccello (Firenze, Galleria degli Uffizi)
battaglia di san romano paolo uccello louvre
Battaglia di San Romano, Paolo Uccello (Parigi, Louvre)
battaglia di san romano paolo uccello londra
Battaglia di San Romano, Paolo Uccello (Londra, National Gallery)

I cavalli possono inoltre essere posseduti dal diavolo (che, non a caso, può avere i piedi equini) e pertanto devono essere liberati. A questa pratica si dedica Sant’Egidio nella predella della pala di San Marco di Botticelli (1490-142, Firenze, Uffizi). Il Miracolo di Sant’Egidio lo raffigura mentre sta ferrando la zampa staccata da un cavallo indemoniato – presente nello stesso riquadro – per curarlo.

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Pala di San Marco, Botticelli

Il cardellino, simbolo del sacrificio di Cristo

Oltre alla colomba, tradizionale simbolo dello Spirito Santo, altri volatili animano i dipinti cinquecenteschi. Uno di questi è il cardellino: un piccolo uccellino dal piumaggio colorato che nelle opere a tema religioso diventa prefigurazione della Passione di Cristo. Secondo la tradizione, infatti, il suo nome latino – carduelis – deriva dal fatto che il cardellino si ciba di cardi, frutti spinosi che richiamano la corona di spine. È con questo significato che lo vediamo nella Madonna col Bambino e San Giovannino, detta Madonna del Cardellino, di Raffaello (1506, Firenze, Uffizi), dove un giovane Giovanni porge l’animaletto, fragile e delicato, a Gesù sotto lo sguardo attento della Vergine.

madonna del cardellino raffaello
Madonna del Cardellino, Raffaello

Il pappagallo, un animale di molte parole

Grazie alla sua spiccata capacità di ripetere le parole, il pappagallo è una specie esotica di segno prevalentemente positivo, spesso associato a Maria e all’Annunciazione
Illustra chiaramente questo simbolismo il curioso dipinto di Hans Baldung Grien La Madonna del pappagallo (1527 ca., Norimberga, Germanisches Nationalmuseum): si riteneva infatti che il volatile sapesse pronunciare la parola “Ave”, saluto dell’arcangelo Gabriele a Maria, ed è per questo che ne vediamo uno sul piano accanto a Gesù lattante. Sarebbe invece un riferimento all’Immacolata concezione l’altro pappagallo che morde il collo della Vergine.

battesimo di cristo giovanni bellini e madonna del pappagallo hans baldung
Battesimo di Cristo, Giovanni Bellini (sx); La Madonna del pappagallo, Hans Baldung (dx)

Di un rosso sgargiante, il volatile immortalato da Giovanni Bellini nel suo Battesimo di Cristo (1500-1502, Vicenza, chiesa di Santa Corona): posto in corrispondenza di San Giovanni, rimanda alla missione profetica del santo che, come il pappagallo, ripete le parole altrui (nel suo caso, quelle di Dio).

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Il rinoceronte, un’eccezione nella fauna del Rinascimento

Tra gli animali dell’arte del Rinascimento va annoverato anche il rinoceronte, uno in particolare. Per raccontarlo, partiamo dalla xilografia del Rinoceronte (1515, Londra, British Museum) del tedesco Albrecht Dürer, noto anche per i suoi disegni e gli autoritratti. Un’opera che, alla qualità artistica, somma anche un valore storico perché testimonia il primo incontro avvenuto tra gli uomini europei e il rinoceronte dall’epoca degli antichi romani. 
Dono del sultano Muzafar di Cambogia al re del Portogallo Manuel I, il rinoceronte era sbarcato a Lisbona il 20 maggio del 1515. L’animale, di origini indiane, era ancora vivo quando il sovrano portoghese decise di donarlo a sua volta al papa, Leone X. Purtroppo però qualcosa andò storto nella lunga traversata via mare e la nave su cui viaggiava naufragò nel golfo di Genova. Il rinoceronte arrivò dunque a destinazione impagliato, ma Dürer non lo vide mai dal vero, poiché a quell’epoca si trovava a Norimberga. 

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Rinoceronte, Albrecht Dürer

Si servì però di un disegno e di una descrizione per creare la sua personale visione dell’animale. Alla fantasia dell’autore dobbiamo quindi il piccolo corno sulla schiena, la pelle squamosa, la specie di corazza che lo avvolge: dettagli che contribuirono a rendere l’immagine dell’animale ancora più affascinante ed esotica per i contemporanei. 
Da allora, il celebre Rinoceronte di Dürer ha attirato l’attenzione di numerosi artisti ed è stato copiato e rielaborato fino ai giorni nostri.

Gli animali nell’arte del Rinascimento non sono mai semplici dettagli, ma protagonisti silenziosi di una narrazione più profonda. Tra simbolismo e realismo, queste creature incarnano virtù, vizi e valori spirituali, trasformandosi in chiavi per decifrare l’immaginario dell’epoca e la visione del mondo degli artisti. Un dialogo tra natura e cultura che non smette di affascinare e di svelare la varietà di significati della pittura rinascimentale.

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