Nano Morgante: storia e significato della famosa opera del Bronzino

Nano Morgante: storia e significato della famosa opera del Bronzino

nano morgante bronzino
nano morgante bronzino

Non capita spesso che un dipinto, per essere apprezzato nella sua interezza, debba essere guardato anche sul retro. Eppure è quello che succede con il Nano Morgante di Agnolo di Cosimo detto il Bronzino (1503 – 1572). La tela raffigurante il più celebre dei buffoni della corte di Cosimo I de’ Medici, è collocata al centro della Sala di Apollo nella Galleria Palatina, a Palazzo Pitti, così da poter essere ammirata davanti (recto, il fronte della tela) e dietro (verso, il retro). 
In questo articolo scopriamo le ragioni per le quali Bronzino abbia deciso di creare un ritratto così originale e il suo significato.

Morgante: chi era il nano di corte benvoluto dai Medici

Braccio di Bartolo – il vero nome di Morgante – era nato a Poggio Fornione, nei pressi di Bologna, ed era affetto da acondroplasia. Il suo nomignolo ironico deriva probabilmente dal poema quattrocentesco di Luigi Pulci Il Morgante maggiore, dedicato all’omonimo gigante buono. 
Noto per la sua arguzia, Morgante entrò al servizio dei Medici a partire almeno dal 1540 e vi rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 1580. 
Un documento del 1555 testimonia l’affezione di Cosimo I nei suoi confronti: “nano del nostro palazzo ducale e amatissimo servitore”, Morgante ricevette in dono una fattoria nella zona di Arezzo. Anche Francesco I de’ Medici, erede e successore di Cosimo, gli riservò lo stesso apprezzamento, come confermano le numerose opere a lui dedicate

nano morgante valerio cioli
Nano Morgante, Valerio Cioli

Una delle più famose è la scultura di Valerio Cioli Morgante su una tartaruga, conservata al Museo Nazionale del Bargello e visibile, come copia, al Giardino di Boboli. Ma anche la versione in bronzo di Giambologna, dove Morgante cavalca un mostro marino: la copia è posta sulla terrazza sopra la Loggia dei Lanzi, mentre l’originale si trova al Museo del Bargello. Giambologna lo ritrasse di nuovo nel rilievo che raffigura l’incoronazione a granduca di Cosimo I, sotto al monumento equestre eretto in onore del signore dei Medici.
Morgante è riconoscibile anche nel soffitto dipinto da Vasari e Stradano nella Sala di Cosimo di Palazzo Vecchio e tra le grottesche nel Corridoio del Levante degli Uffizi.    
Senza nulla togliere alle altre, quest’opera di Bronzino ha in sé diversi elementi di originalità.

nano morgante bronzino palazzo pitti
Nano Morgante, Bronzino

Il Nano Morgante di Bronzino: soggetto e caratteristiche

Il primo riguarda il soggetto, poiché questo è l’unico dipinto a noi noto dove Morgante è solo
Il secondo sta nella composizione, così descritta da Vasari nella Vita del pittore: “Ritrasse poi Bronzino, al duca Cosimo, Morgante nano, ignudo, tutto intero, et in due modi, cioè da un lato del quadro il dinanzi e dall’altro il didietro, con quella stravaganza di membra mostruose che ha quel nano: la qual pittura in quel genere è bella e meravigliosa”.
Il nano è infatti raffigurato completamente nudo su entrambi i lati della tela. Sul recto lo vediamo di fronte, il braccio destro alzato mentre tiene al laccio un gufo usato per attirare una ghiandaia che svolazza alla sua sinistra. Attorno a lui, una vegetazione monocroma e due splendidi esemplari di farfalla podalirio: una delle quali convenientemente collocata a coprirgli i genitali. 

nano morgante bronzino fronte
Nano Morgante (recto), Bronzino

Morgante era dedito all’uccellagione, ovvero alla caccia degli uccelli, che svolgeva con lo stratagemma dei “panioni”. Al centro del campo era posizionata una civetta o un gufo legato a un palo con una corda. Tutt’attorno, erano distribuiti ramoscelli ricoperti di pania (sostanza vischiosa naturale): quando gli altri volatili si avvicinavano per osservare la civetta, rimanevano intrappolati e così potevano essere facilmente catturati. 
Morgante è dunque colto qui nel momento che precede la caccia, mentre nel verso della tela è rappresentato dopo aver concluso l’impresa. A ben guardare, infatti, il fronte e il retro non sono perfettamente coincidenti

nano morgante bronzino retro
Nano Morgante (verso), Bronzino

Nel lato opposto, il nano appare di spalle quasi nella stessa posizione, ma il contesto attorno a lui e alcuni dettagli della sua posa sono mutati. Il gufo appare ora più simile a una civetta, appollaiata sulla spalla sinistra. Anche la vegetazione è cambiata: il dettaglio più evidente è il tronco, reciso nel recto, integro nel verso. Con la mano destra, Morgante solleva alcuni uccelli morti mentre nell’altra sorregge un panione. La testa è ruotata verso destra e lo sguardo pare seguire lo spettatore che si trova dietro di lui. È evidente che, nonostante le apparenze, siamo davanti a un momento diverso: il dopo la caccia, con il bottino bene in mostra. In altre parole, Bronzino mette in scena due dimensioni differenti, quella spaziale (davanti e dietro) e quella temporale (prima e dopo). 

Il significato dell’opera: il paragone tra le arti

Il Nano Morgante è il risultato di un contesto culturale di grande fermento nel quale era molto sentita la questione soprannominata paragone, formalizzata dall’intellettuale Benedetto Varchi. Egli propose il quesito circa la supremazia tra pittura e scultura a diversi artisti del tempo, coinvolgendo nel dibattito nomi come Pontormo, Cellini, Vasari, Michelangelo e lo stesso Bronzino. Schierato a favore della pittura, Bronzino fornì però una risposta parziale e incompleta, che non venne quindi inserita nel discorso conclusivo del Varchi del 1547. 
Il dipinto commissionato da Cosimo I (realizzato sicuramente entro il 1553, come certifica un inventario di quell’anno) sembra sopperire a tale mancanza. 

La scultura – sostenevano i suoi promotori – era in grado di mostrare un soggetto da più punti di vista, cosa invece preclusa alla pittura. Ebbene Bronzino non solo prova chiaramente il contrario, correggendo l’apparente limite della bidimensionalità con un ritratto doppio, quasi tridimensionale. Ma rende esplicita anche l’altra potenzialità della pittura (impossibile in scultura), ovvero la sua capacità di restituire il variare del tempo all’interno dello stesso dipinto. Il Nano Morgante, oltre a spiccare per l’eccezionale qualità artistica, ha il valore di un vero e proprio manifesto in difesa della pittura. 

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Precedenti e restauro: alcune curiosità

Come abbiamo visto, l’idea del Bronzino del doppio ritratto è certamente innovativa, tuttavia  egli non fu il primo a ricorrere a questo espediente. 
Il primato spetta infatti a Leonardo Da Vinci (1452-1519) che nel suo disegno recto-verso di Studi di Ercole del 1506-1510 circa (Metropolitan Museum, New York) raffigura l’eroe mitologico in un doppio ritratto a figura intera, frontale e tergale. L’intento è, anche in questo caso, di superare il presunto merito della scultura. 
Secondo illustre esempio di opera bifronte, il Davide che uccide Golia (Musée du Louvre, Parigi), realizzata a metà del XVI secolo da Daniele da Volterra per il letterato Giovanni della Casa. Lo scopo del dipinto, eseguito non su tela ma su lavagna, era fornire un esempio di pittura concreto e duraturo (il supporto scelto era molto resistente). Lo studioso infatti stava lavorando a un trattato sulla materia. 
Al confronto di entrambi, però, il Nano Morgante rimane un unicum proprio per lo sviluppo cronologico della scena, che manca negli altri.

davide che uccide golia daniele da volterra louvre
Davide che uccide Golia, Daniele da Volterra

Un unicum che, nel corso dell’Ottocento, era stato parzialmente alterato probabilmente per ragioni di (mal)interpretazione. Da Morgante, infatti, era stato trasformato in Bacco mediante l’aggiunta di una corona di foglie di vite a cingere il capo, ghirlande e grappoli attorno alla vita e un calice di vino nella mano destra. Dettagli posticci che sono stati rimossi solo nel 2010, rivelando così la nudità quasi totale del nano, la meravigliosa farfalla che nasconde le pudenda e il gufo del recto. 
Particolari che contribuiscono allo spessore – in senso quasi letterale, oltre che artistico – di un’opera tanto singolare quanto suggestiva.

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