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Bronzino
Pittore ufficiale della corte medicea, il Bronzino è tra gli artisti più delicati e apprezzati del Manierismo fiorentino. Attraverso i suoi dipinti, l’eleganza e la raffinatezza del Granducato viene mostrata a tutta l’Europa, gettando le fondamenta della ritrattistica moderna in Italia.
Le origini e la formazione
Agnolo Tori di Mariano nasce a Monticelli, nei pressi di Firenze, nell’anno 1503. Il soprannome con il quale è oggi conosciuto, “il Bronzino”, è forse dovuto al colore dei suoi cappelli che ricordavano quello del bronzo. Il pittore trascorre praticamente tutta la sua vita a Firenze. È qui che si forma, che lavora e che muore. Figlio di un macellaio, quindi membro della piccolissima borghesia cittadina, fin da giovane si dedica allo studio della pittura.
La sua prima formazione avviene nella bottega di Raffaellino del Garbo, un pittore erede della tradizione quattrocentesca di Filippo Lippi e del Ghirlandaio. A soli 15 anni diventa apprendista del Pontormo, pittore allora già affermato, al quale venivano affidati importanti incarichi nella Firenze medicea. Dall’apprendistato, ben presto passano ad un rapporto di collaborazione attiva, diventando con gli anni un intimo amico del suo maestro. Con lui, il Bronzino lavora agli affreschi della cappella Capponi nella chiesa di Santa Felicita tra il 1524 e il 1525, dipingendo i quattro medaglioni agli angoli della struttura architettonica progettata dal Brunelleschi. È con quest’opera che viene ufficialmente presentato agli occhi dei grandi committenti che ben presto gli cominciano ad affidare numerosi lavori.
Il ritorno dei Medici
Nel 1530 cade la Repubblica fiorentina. In un clima di incertezze e paure, i Medici riescono a tornare a Firenze con l’aiuto delle truppe dell’imperatore Carlo V, avviando un’intensa campagna di mecenatismo. Tra tutti, il più grande promotore dell’arte e della cultura nel Ducato di Firenze, poi esteso a Granducato di Toscana, è il nuovo sovrano Cosimo I, il quale si avvale in quel periodo del sostegno dell’artista, nonché primo storico dell’arte, Giorgio Vasari per costruire un’immagine raffinata ed apprezzabile della sua corte a livello internazionale. All’interno di questo contesto, Bronzino riesce a staccarsi dal maestro Pontormo, e diviene, tra le altre, ritrattista ufficiale della famiglia Medici.
Per Cosimo I, appassionato di miti e di enigmi, il pittore realizza molti affreschi e dipinti a tema pagano, dipingendo le figure intente in torsioni impossibili e caricando ogni opera di profondi significati nascosti. Il suo stile – successivamente definito come Manierismo – è contraddistinto da soggetti allegorici di difficile interpretazione, da colori a volte innaturali e da capricci pittorici, come nella spettacolare Allegoria del trionfo di Venere (1540-1545), oggi alla National Gallery di Londra.
I dipinti del Bronzino, però, trasfigurano questo approccio e lo declinano, soprattutto nei ritratti della famiglia Medici, avvicinandolo al reale. Sono evidenti gli influssi di Michelangelo e Raffaello nei volti e nella scelta dei colori. Infatti, “dipingere alla maniera di” Leonardo, Michelangelo e Raffaello è proprio la caratteristica del primo Manierismo.
Dagli anni ’40 del secolo inizia a svilupparsi la sua ossessione per la cristallizzazione della realtà, quasi il volerla rendere immobile in maniera iperrealistica, cosa che notiamo specialmente dai suoi ritratti, i più celebri dei quali il Bronzino realizza per la famiglia Medici. Alcuni celebri esempi sono quelli di Bia de’ Medici (ca. 1542), di Eleonora di Toledo col figlio Giovanni (ca. 1544-1545), di Cosimo I de’ Medici in armatura e quello di Maria de’ Medici (1551), tutti conservati oggi alla Galleria degli Uffizi.
L’attenzione ai dettagli è visibile nelle vesti dei suoi soggetti e negli accessori che indossano. In particolare è celebre la cura che il pittore dedica ai gioielli delle dame che raffigura. La precisione, la cura per i dettagli e la resa naturalistica dei volti dei soggetti sembra essere per lui così fondamentale che nel caso del Ritratto di Bia de’ Medici realizza il ritratto postumo basandosi sulla maschera mortuaria in gesso della bambina morta a soli 5 anni. Documenti dell’epoca ci raccontano che la piccola Bianca – da cui Bia – è stata la «figliola naturale del duca» Cosimo I nata prima del suo matrimonio con Eleonora di Toledo. Nonostante questo, però, pare che la Granduchessa l’abbia curata e cresciuta con molto amore, proprio come se fosse stata figlia sua. Purtroppo la bambina si ammala improvvisamente a soli 5 anni e muore nel giro di poche settimane. Il ritratto postumo, sarebbe quindi un omaggio voluto dall’addoloratissimo duca per sua amata figliola.
La grande fortuna che l’artista riscuote in questi anni è probabilmente dovuta al suo stile che ben si sposa con gli ideali della restaurata dinastia medicea e gli obiettivi del Granduca: definizione e stilizzazione delle identità sociali, intellettuali e psicologiche associate alla celebrazione dell’assolutismo monarchico e del protocollo di corte.
Coinvolto da Giorgio Vasari nel dibattito artistico noto come “Paragone”, nel quale venivano contrapposte pittura e scultura, Bronzino realizza un’opera che gettò scalpore ma che generò anche molto stupore: il Ritratto Doppio del Nano Morgante (1553), oggi conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. Quest’opera raffigura il nano di corte di Cosimo I, Braccio di Bartolo, completamente nudo. La particolarità dell’opera, con la quale il Bronzino volle ribadire la sua tesi della superiorità della pittura, è di essere un dipinto su tela fronte-retro. mostrando due lati dello stesso soggetto contemporaneamente, l’artista zittisce i critici che vedevano nella bidimensionalità della pittura il suo limite maggiore.
Ormai il Bronzino lavora quasi esclusivamente per i Medici ed il suo talento è riconosciuto. Negli anni ‘40 riceve l’incarico di ammodernare Palazzo Vecchio decorando la cappella privata della granduchessa Eleonora di Toledo con affreschi, pale d’altare e tele. Quella centrale con la Deposizione di Cristo è stata fin da subito così apprezzata per la sua delicatezza, resa realistica dei personaggi e forte carica emotiva che il cancelliere dell’imperatore Carlo V in visita a Firenze, al vederla, ne rimane folgorato. Da buon politico e diplomatico quale è, Cosimo I decide di fargliene dono e chiede successivamente al Bronzino di realizzarne una copia identica, ancora oggi presente nella cappella. Nella parte destra della tavola, Bronzino si inserisce nella scena insieme al suo maestro Pontormo (l’uomo più anziano) e al suo allievo, Alessandro Allori (il più giovane).
Gli ultimi anni
Bronzino continua a lavorare per i Medici durante tutta la sua vita adulta e, alla morte del maestro Pontormo, finisce i lavori rimasti da lui incompiuti. Con gli anni diventa una figura di riferimento per il panorama culturale cittadino, tanto che nel 1563 fonda l’Accademia del disegno di Firenze, importante istituzione artistica che già era stata voluta da Michelangelo.
È il 23 novembre 1572 quando muore a 69 anni nella casa del suo allievo prediletto Alessandro Allori, con il quale conviveva già da qualche tempo. Il suo epitaffio è stato scritto, appunto, dall’Allori e così recita: «Non muore chi vive con il Bronzino visse: | L’alma è in ciel, qui son l’ossa, è il nome in terra | Illustre, ov’ei cantò, dipinse e scrisse».
Foto di copertina: Ritratto di Eleonora di Toledo con il figlio Giovanni, 1544–1545, Agnolo Bronzino, Galleria degli Uffizi, Firenze
Firenze, 1503 – Firenze, 1572
Pittura
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Il Manierismo tra corte e Accademia
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