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Pontormo

Pontormo - main image

Dall’eccentricità alla genialità: il pioniero del manierismo fiorentino

Autore di opere considerate eccentriche per il loro tempo, Pontormo è stato tra i pionieri del manierismo fiorentino. I colori accessi, le pose contorte dei personaggi, i loro occhi che fissano, quasi ipnotizzandolo, lo spettatore; ogni dettaglio nelle sue opere cattura l’attenzione e richiede un’osservazione cauta e paziente, essenziale per capirne il messaggio finale.

Formazione e primi anni

Jacopo Carucci nasce nel 1494 a Pontorme di Empoli – da qui il nome – figlio di Bartolomeo di Jacopo di Martino Carucci, pittore formatosi nella bottega del Ghirlandaio di cui si conoscono pochissime opere.

Trasferitosi a Firenze a soli 13 anni, ormai già orfano, si forma nelle botteghe di Mariotto Albertinelli, poi di Piero di Cosimo e infine di Andrea del Sarto. In quest’ultima lavora dal 1512 insieme a Rosso Fiorentino e realizza le prime opere: tra le quali una predella purtroppo distrutta nell’alluvione del 1557 per la pala dell’Annunciazione di San Gallo (ca. 1513-1514) di Andrea del Sarto e Rosso Fiorentino, oggi conservata alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti.

Il suo debutto come pittore indipendente arriva a 20 anni, nel 1514, quando affresca per il chiostro della chiesa di Santissima Annunziata a Firenze la Visitazione, oltre alle figure della Fede e della Carità nell’arcone d’ingresso. Segue un’altra grande commissione: le decorazioni della Sala Papale nel convento di Santa Maria Novella (1515) che testimoniano la sua profonda conoscenza dei modelli michelangioleschi.
E’ ipotesi condivisa che nel 1515 l’artista abbia soggiornato a Roma e ammirato dal vivo gli affreschi della Cappella Sistina di Michelangelo e una delle Stanze Vaticane affrescate da Raffaello.

Nelle opere di quel periodo si notano, infatti, tratti caratteristici dello stile del maestro, come il moto a serpentina, l’uso del contrapposto nelle figure e la scelta di colori molto accesi.

Il raggiungimento della notorietà

Raggiunta la fama grazie alla Visitazione, nello stesso 1515 partecipa, insieme ad altri artisti, alla produzione dei quattordici pannelli con Storie di Giuseppe destinati alla camera nuziale di Pierfrancesco Borgherini e Margherita Acciaioli, oggi conservati alla National Gallery di Londra.

E’ proprio in questo momento che Pontormo inizia a rompere gli schemi tradizionali dello stile italiano creando scene più affollate, non organizzando più l’immagine attorno ad un solo fulcro centrale, bensì ponendo i personaggi liberi nel dipinto, capaci però di attrarre lo sguardo dello spettatore anche grazie alle loro insolite pose.

Dal 1519 al 1521 Pontormo partecipa alla decorazione del salone della villa di Poggio a Caiano, commissionata da Ottaviano de’ Medici per conto di papa Leone X. Qui realizza la lunetta con Vertumno e Pomona, un’allusione alla vita serena riportata dalla restaurazione medicea e dal pontificato di Leone X.

Successivamente, tra il 1523 e il 1525, mentre Firenze è infestata da un’epidemia di peste, trova rifugio nella Certosa del Galluzzo dove dipingerà affreschi con Storie della Passione, al suo fianco l’allievo prediletto, il Bronzino. Proprio in questi lavori si percepisce una sorta di omaggio alle incisioni di Dürer: i profili si allungano e le espressioni si riempiono di pathos.

Una volta conclusi gli affreschi inizia a lavorare alla grandissima tela della Cena in Emmaus (1525), pensata originariamente per la foresteria della Certosa e oggi conservata alla Galleria degli Uffizi. Questo splendido dipinto rappresenta il momento in cui Gesù benedicendo il pane manifesta la sua natura divina ai discepoli, che ancora non lo hanno riconosciuto: volti e gesti infatti non esprimono sorpresa o meraviglia forse solo un volto esprime curiosità.

I sorprendenti dettagli naturalistici, l’attenzione agli oggetti di uso quotidiano, la veridicità dei volti (si riconosce Leonardo Buonafè allora priore della Certosa) insieme ai sorprendenti tocchi di luce e la scelta dello sfondo scuro, sembrano anticipare la pittura Seicentesca.

Nel 1526 le ricerche formali di Pontormo giungono il culmine nella decorazione della Cappella Capponi nella chiesa di Santa Felicita a Firenze. Ancora una volta collabora con il Bronzino, che si occupa dei tondi nei pennacchi, mentre lui si dedica all’Annunciazione, sul lato est della cappella, e alla notevolissima pala del Trasporto di Cristo (talvolta erroneamente detta Deposizione) per l’altare: qui, eliminato ogni riferimento spaziale, i gesti enfatici e i volti dolenti degli undici protagonisti donano all’opera un’atmosfera quasi surreale e piena di emotività. Anche la scelta e la stesura dei colori, cangiantissimi toni pastello, contribuiscono alla spettacolarità della scena che appare avvolta da una luce abbagliante.

Capolavoro del Manierismo è la Visitazione, dipinta tra il 1528 e il 1530 per la chiesa dei Santi Michele e Francesco a Carmignano, in provincia di Prato.

La scena è ambientata in una via cittadina: Maria e Sant’Elisabetta si guardano con intensità e si scambiano un tenero abbraccio alla presenza di due spettatrici che invece rivolgono con fermezza lo sguardo allo spettatore. Le quattro donne occupano quasi tutto lo spazio del dipinto, unite da un gioco di gesti e di panneggi; una luce sovrannaturale le illumina e le vesti, dai colori intensi e cangianti, le avvolgono in un articolato effetto di rimandi.

Tra le più importanti e note opere del Pontormo la sua forza risiede, anche, nella capacità di catalizzare l’attenzione di chi guarda e di portarlo con sé in un’atmosfera sospesa, indecifrabile, misteriosa.

Forse queste le caratteristiche che hanno colpito l’artista americano Bill Viola che in The Greeting del 1995 prende ispirazione dalla Visitazione.

Presso la Galleria degli Uffizi, nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, è conservato un disegno preparatorio nel quale si nota la grande abilità del pittore nella resa delle pieghe e dei panneggi.

Nel 1529 Pontormo mette radici, compra casa e vi stabilisce anche la bottega. Una nuova commissione da Cosimo I de’ Medici arriva nel 1536, per gli affreschi della loro villa a Castello, purtroppo oggi perduti.
Secondo il Vasari, per finire senza intromissioni tutti gli affreschi, Pontormo avrebbe coperto il ponteggio con un telo, non permettendo a nessuno di avvicinarsi e scoprire il lavoro, dipingendo così in solitaria per ben 5 anni.

La studio del lavoro di Michelangelo

Dalla fine degli anni Venti in avanti, Pontormo si dedica allo studio delle opere pittoriche di Michelangelo: studia la contorsione dei corpi, la loro anatomia, ricercando sempre la perfezione e il possibile superamento del grande maestro. Gran parte di questi studi sono conservati oggi alla Galleria degli Uffizi. Alcuni, rielaborati e conclusi, diventando poi opere complesse come i Diecimila martiri (1529-1530, oggi alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti), o la Madonna col Bambino e San Giovannino (1534-1534, Uffizi) che colpisce per il trasporto affettivo che lega i tre protagonisti, tanto quanto la resa teatrale dei colori vivaci circondati da ombre che si fanno cupe. Anche la volumetria e la fisicità dei corpi rimandano alla pratica michelangiolesca.

Venere e Amore (1533 ca., Galleria dell’Accademia) ha una storia particolare perché eseguita da Pontormo su disegno di Michelangelo, realizzato nel 1534 poco prima della sua partenza per Roma.
L’impianto del maestro è evidente nella composizione e nelle forme scultoree, qui esaltate dalla torsione dei corpi dei due amanti, oltre agli oggetti che connotano il dipinto di temi a lui cari, come le maschere che alludono al doppio volto dell’amore, i fiori e il fantoccio che rimandano alla caducità delle passioni; motivi centrali e ricorrenti della poesia michelangiolesca.

Il tema del ‘nudo in movimento’ ovvero della torsione del corpo caratterizza anche i disegni preparatori per gli affreschi del salone della villa di Poggio a Caiano, dove lavora a partire dal 1532 ma che non terminerà mai.

Secondo Vasari, Pontormo avrebbe dovuto rappresentare Ercole e Anteo, Venere e Adone ma anche un gruppo di Ignudi che giocano a calcio fiorentino, eloquente riferimento ai recenti assedi (1529-1530) da parte dell’imperatore Carlo V ed in particolare alla eroica partita giocata sotto il fuoco nemico in piazza Santa Croce il 15 febbraio 1530.
Di questo progetto restano alcuni disegni conservati oggi nel Gabinetto dei disegni e delle stampe della Galleria degli Uffizi.

L’ultimo incarico e la morte

Gli ultimi 10 anni di vita lo vedono impegnato nella decorazione del coro della chiesa di San Lorenzo. Il lavoro gli è affidato nel 1546 ma non riuscirà a finirlo, sarà ancora una volta il Bronzino, l’allievo prediletto, a concluderli.

Di tale magistrale lavoro, distrutto nel 1738 in seguito ad un rimaneggiamento del coro, rimangono solamente testimonianze scritte e per fortuna, gli studi preparatori.

Inoltre, nel 1554 Pontormo inizia un diario – Il libro mio – dove appunta dettagli della sua vita quotidiana, permettendoci di comprendere meglio – oltre alla sua storia e alla sua opera – anche aspetti della sua coltissima ma anche bizzarra personalità.

L’esemplare autografo è conservato oggi alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (ms. Magl. VIII 1490). Lo straordinario artista viene sepolto il 2 gennaio 1557 nella cappella di San Luca nella basilica della Santissima Annunziata, dove tutt’ora riposa.

Foto di copertina: Disegno preparatorio di Jacopo Pontormo per il presunto autoritratto della “Deposizione” nella Cappella Capponi in Santa Felicita a Firenze

Dove e quando

Pontorme di Empoli, 1494 – Firenze, 1557

Arte

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