Come dimostrano alcuni nomi noti del design e dell’architettura da Gae Aulenti a Paola Navone, da Zaha Hadid a Patricia Urquiola, la progettazione è (anche) donna. E lo è da sempre, nonostante le difficoltà imposte da una società e da un settore prevalentemente maschile. Lo conferma la presenza – seppur contenuta rispetto ai colleghi uomini – di designer femminili tra i premiati dell’ADI.
Qui ne vogliamo ricordare cinque. Cinque nomi insigniti del Compasso d’Oro per meriti e progetti singoli, che testimoniano il ruolo delle donne nello sviluppo del design industriale italiano.
Renata Bonfanti, 1962
Nella lunga lista di premi e riconoscimenti ottenuti da Renata Bonfanti (1929 – 2018) nel corso della sua carriera, il Compasso d’Oro figura circa a metà: uno spartiacque importante che segna la consacrazione ufficiale della tessitrice di Bassano del Grappa al design italiano.
L’oggetto che le vale il premio nel 1962 è il tessuto per tende JL, progettato e prodotto autonomamente, prova di una “eccellente soluzione tecnica e funzionale raggiunta specificatamente attraverso l’invenzione strutturale” come si legge nelle motivazioni della giuria. “Il premio intende altresì riconoscere attraverso questo caso particolare, il valore e la serietà di tutta la produzione di Renata Bonfanti”. Una produzione che prosegue ancora oggi all’interno del grande laboratorio tessile da lei fondato.
Renata Bonfanti nasce e cresce nell’ambiente: il padre, Francesco Bonfanti, era un celebre architetto proto-razionalista, amico personale di Gio Ponti.
Dopo gli studi a Venezia e a Oslo all’inizio degli anni ‘50, torna in Italia e inizia a lavorare alla realizzazione di tappeti annodati a pelo alto (noti in famiglia con il nomignolo di “peloni”) subito apprezzati dalla borghesia milanese. La città è in pieno fermento creativo e i manufatti della Bonfanti vengono accolti con favore anche dai più noti progettisti dell’epoca.
Enzo Mari disegna per lei il logo tuttora in uso (un doppio quadrato composto da righe perpendicolari e parallele, che ricorda un pezzetto di stoffa), mentre Bruno Munari la coinvolge nel progetto della serie dei Sottovasi e nella lampada Bali.
L’approccio di Bonfanti alla tessitura è innovativo e lungimirante: è lei a introdurre l’uso delle fibre sintetiche accanto a quelle naturali. “Ho sempre pensato alla tessitura come elemento architettonico e non riesco a disegnare un tappeto, un arazzo o un tessuto senza prefigurarmi la loro collocazione”, dichiara nel 1998, “Intervenire in uno spazio interno con una sequenza cromatica o figurativa che lo modifichi o lo completi è sempre stato per me un argomento di massimo interesse”. Sperimentazione e tecniche tradizionali sono la cifra operativa di una delle prime textile designer italiane – nonché una delle primissime vincitrici del Compasso d’Oro – ricordata soprattutto per i suoi tappeti-arazzi.
Carla Venosta, 1979 e 1981
Carla Venosta (1926 – 2019) è stata una figura estremamente prolifica e poliedrica del design italiano. Nata a Monza, frequenta la facoltà di Architettura al Politecnico di Milano e nel 1971 inizia a lavorare occupandosi di design del prodotto, artigianato e allestimenti, mostre e arredo urbano.
William Morris e Beatrice Webb (economista e politica laburista inglese) sono le sue principali fonti di ispirazione concettuale: Venosta ne traduce la filosofia in prodotti per la casa funzionali e coerenti con le logiche della produzione in serie.
Ma non è per gli oggetti domestici che si aggiudica, per ben due volte, il Compasso d’Oro. La prima volta lo fa nel 1979 con Mark 5, macchina elettromedicale computerizzata per l’acquisizione di dati biometrici, prodotta da Amplaid. Qualche anno dopo, nel 1981, riceve nuovamente il premio per il controsoffitto metallico per gli spazi industriali Teknico di Tremisol. Due lavori che confermano l’assoluta versatilità del suo ingegno e del suo Studio di architettura, divenuto ormai famoso e impegnato in progetti di varia natura: sistemi per ufficio, divani, librerie, sedie, poltrone ma anche iconici servizi da tè e caffè.
Medaglia d’Oro alla Carriera per la Provincia di Milano (1985) e Commendatore della Repubblica Italiana (1988), dal 1991 al 1992 partecipa attivamente anche al Comitato Direttivo dell’ADI. In quegli stessi anni vince inoltre il primo premio del Concorso Nazionale di Artigianato Religioso del Santuario di Pompei con un crocefisso da tavolo.
Carla Venosta ha percorso le strade dell’Italian Design in ogni direzione, segnandole con progetti dal tratto essenziale e distintivo.
Anna Castelli Ferrieri, 1987 e 1994
La storia di Anna Castelli Ferrieri (1920 – 2006) è legata a doppio filo a quella di Kartell: azienda specializzata nella produzione di arredi in plastica della quale è co-fondatrice, nel 1949, insieme al marito Giulio Castelli.
Prima dell’esperienza in Kartell, Anna Castelli Ferrieri si laurea in Architettura al Politecnico di Milano e frequenta per due anni lo studio di Franco Albini, votando la sua carriera alla progettazione di edifici.
Portano la sua firma gli uffici tecnici dell’Alfa Romeo ad Arese, la sede centrale di Kartell di Rinasco ma anche uffici direzionali, stabilimenti e persino la ricostruzione del Chiostro del Bramante a Milano.
Prima Presidente donna di ADI (dal 1969 al 1971), viene insignita del Compasso d’Oro nel 1987 per la sedia sovrapponibile 4870 di Kartell nella quale, scrive la giuria, “i valori d’uso, economici e tecnologici risultano perfettamente omogenei”. Anna Castelli Ferrieri ama la plastica e con Kartell, realtà pioniera nella ricerca di nuovi materiali, ha la possibilità di sperimentare – con successo – nuove soluzioni, molte delle quali sono oggi esposte nei musei più importanti di tutto il mondo, come il MoMA e il Centre Pompidou. È il caso dei mobili 4970/84, meglio conosciuti con il nome di Componibili, contenitori cilindrici impilabili simbolo di Kartell da oltre cinquant’anni.
Il 1994 è invece l’anno del suo secondo Compasso d’Oro, questa volta per il servizio di posate Hannah, prodotto da Sambonet: “Rivisitazione di una tipologia classica dove l’attenzione funzionale e la cura formale per ciascuno degli elementi si fonde armonicamente nell’equilibrio dell’insieme”. Curiosamente, questa è anche l’edizione in cui viene premiato il sistema di cassettiere-contenitori Mobil progettato da Antonio Citterio in collaborazione con Glen Oliver Löw per Kartell. Un doppio successo, diretto e indiretto, per Castelli Ferreri tra i tanti che hanno costellato la sua indimenticata e indimenticabile carriera.
Cini Boeri, 1979 e 2011
Cini Boeri (1924 – 2020), all’anagrafe Maria Cristina Mariani Dameno, ha conservato sempre il cognome del marito, Renato Boeri, e padre dei suoi tre figli (il giornalista Sandro Boeri, l’economista Tito Boeri e l’architetto Stefano Boeri).
Laureata al Politecnico di Milano, dopo un breve tirocinio presso Gio Ponti, inizia il suo percorso nel mondo della progettazione nello studio di Marco Zanuso. Dall’architettura civile, agli interni, agli allestimenti museali, al design industriale, Cini Boeri non si è mai risparmiata, applicando a tutti gli ambiti della progettazione la medesima filosofia: una sperimentazione delle forme e dei materiali in funzione di una democratizzazione degli oggetti e degli ambienti.
Nasce così, ad esempio, il suo prodotto più iconico: il Serpentone, divano snodabile venduto letteralmente “al metro” prodotto da Arflex, che rivoluziona il concetto di convivialità e condivisione degli spazi. Anzi, come lei stessa dichiarò in un’intervista di qualche anno fa, che intendeva “dissacrare la proprietà”, invadendola con una forma sinuosa e personalizzabile all’infinito.
Ma è con la famiglia degli Strips – poltrone e divani componibili sempre per Arflex e tuttora in produzione – che si aggiudica il primo Compasso d’Oro nel 1979.
Il rapporto tra l’uomo, le cose, lo spazio e l’influenza che quest’ultimo esercita sui comportamenti sono alla base della ricerca di Cini Boeri lungo tutta la sua carriera e Strips è solo una delle tante prove. Le case che progetta (a partire dalla Casa Bunker alla Maddalena) rispecchiano perfettamente questa visione e stimolano le persone a costruire modi di vita nuovi, sia privati che condivisi.
Tra gli altri successi della produzione di Cini Boeri non possiamo non citare anche Ghost, la poltrona realizzata con un’unica lastra di vetro ripiegata, e Partner, la prima valigia dotata di ruote al mondo, presente anche nella collezione del MoMA. Proprio alla sua produzione, prolifica e all’avanguardia, è legato il suo secondo Compasso d’Oro, questa volta alla carriera, ottenuto nel 2011.
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Felicia Arvid, 2022
Con Felicia Arvid (1994) facciamo un salto in avanti nel tempo, arrivando ai giorni nostri e chiudendo il cerchio della nostra rassegna sulle donne premiate dall’ADI. Come Renata Bonfanti, infatti, anche la giovane designer danese opera con i tessuti.
Dopo gli studi in Fashion Design e Architettura, Felicia Arvid ha vinto il Compasso d’Oro nel 2022 grazie al progetto Klipper, realizzato in collaborazione con la storica azienda italiana Caimi Brevetti. Un sistema di pannelli fonoassorbenti da parete, composto da due strati di tessuto Snowsound sovrapposti: una base tesa e un secondo “foglio” drappeggiato, tenuti insieme solo da clip metalliche. Ispirato alla costa danese, Klipper unisce funzionalità ed estetica in un prodotto dalla forma sinuosa e dal forte richiamo scultoreo, “emblematico di semplicità e di efficacia nella realizzazione di un prodotto per il controllo acustico” (secondo le parole della giuria).
La formazione sartoriale unita a quella di progetto permettono a Felicia Arvid di dare ai tessuti tipici della tradizione nordica nuovi usi e funzioni. Dalle sedute alle lampade questi materiali bidimensionali conquistano lo spazio e lo occupano con geometrie morbide e originali.
Non vediamo l’ora di vedere cos’altro lei e le sue colleghe sapranno realizzare nel prossimo futuro. E se anche tu ami il design in tutte le sue forme e declinazioni, non perdere l’occasione di una visita all’ADI Design Museum di Milano, dove potrai vedere alcuni dei progetti citati in questo articolo e scoprirne di nuovi altrettanto meritevoli!