Il magnifico Giardino di Boboli a Firenze si estende alle spalle di Palazzo Pitti ed è un vero e proprio museo a cielo aperto, dove architettura e natura si intrecciano. Nato come parco della cinquecentesca reggia medicea, ospita ancora oggi sculture, grotte e fontane monumentali. Dal 2013 è entrato a far parte dei beni Patrimonio dell’Umanità UNESCO per la sua rilevanza culturale, artistica e paesaggistica.
Ripercorriamo insieme le opere principali del Giardino di Boboli tra viali alberati, agrumi, fiori e siepi odorose.
Brevi cenni storici
Squisito esempio di Giardino all’italiana, il Giardino di Boboli fu voluto da Eleonora di Toledo (moglie del duca Cosimo I de’ Medici), che aveva acquistato il terreno dalla famiglia Pitti nel 1550. Il Giardino deriva dall’unione del cosiddetto Orto de’ Pitti con un’ampia area verde, originariamente destinata all’agricoltura, nota già in epoca altomedievale come Boboli (toponimo che definiva le aree boschive).
Il progetto venne affidato a Niccolò Pericoli, detto il Tribolo, architetto vicino a Cosimo I e già autore del giardino della villa di Castello. Alla sua morte, si susseguirono numerosi altri progettisti: Davide Fortini, Giorgio Vasari, Bartolomeo Ammanniti e Bernardo Buontalenti, che però rispettarono il disegno iniziale.
Il Giardino fu progettato in compartimenti geometrici, popolati e delimitati da alberi e aiuole. Secondo la tradizione dell’epoca, furono inoltre creati boschetti lineari piuttosto fitti adibiti all’uccellagione: le “ragnaie”, dal nome delle reti (“ragne”) che venivano stese tra le foglie per catturare gli uccelli.
Nel tempo la configurazione del giardino subì diverse trasformazioni che ne spiegano l’aspetto attuale:
- il Cinquecento è sinonimo di riscoperta della cultura classica. Non stupirà dunque sapere che in questo periodo fu realizzato un ampio spazio di forma ellittica ispirato agli ippodromi romani (poi divenuto il luogo dell’Anfiteatro) ai piedi della collina di Belvedere. A rendere il giardino ancora più suggestivo, la Grotta Grande e la Fontana dell’Oceano del Giambologna;
- durante il Seicento i confini iniziali vengono ampliati e, soprattutto, la sua configurazione si arricchisce di alcuni elementi scenografici: vengono aggiunti tre labirinti, passaggi coperti di vegetazione (Cerchiaia grande e Cerchiaie piccole) e la celebre Isola. Il vecchio Anfiteatro è trasformato in una struttura in muratura;
- con la fine della dinastia dei Medici nel 1757 e il passaggio alla casata degli Asburgo-Lorena, il Giardino di Boboli fu trascurato per alcuni anni, quindi sottoposto a interventi di modifica e restauro, ancora oggi oggetto di ammirazione. Fu costruito un ampio viale che collegava il Piazzale di Bacco all’Anfiteatro e vennero eretti nuovi edifici, come il Kaffeehaus, la Limonaia e la Palazzina della Meridiana;
- la dominazione napoleonica (1799-1814) segna un altro momento di decadenza per il giardino mediceo, che solo con la restaurazione lorenese fu nuovamente riordinato e riportato al suo aspetto originario. In questo periodo non mancano aggiunte e cambiamenti radicali: furono realizzati l’ingresso Annalena e la cancellata della Limonaia. L’Ottocento coincide tuttavia con la perdita più grande per il patrimonio architettonico del giardino: nel 1834, per volere del granduca Leopoldo II, furono distrutti i labirinti vegetali in favore di un grande viale carrozzabile.
Dal 1850 in poi, il Giardino di Boboli ha subito poche modifiche significative e, ad eccezione degli interventi di manutenzione e ri-piantumazione, è rimasto sostanzialmente invariato.
Cosa vedere al Giardino di Boboli
Prima di intraprendere la visita alle meraviglie del Giardino di Boboli, è importante ricordare che il parco si sviluppa su una collina. Una conformazione che assicura scorci e vedute mozzafiato sulla città e sui colli circostanti.
Studiare con anticipo il percorso potrà rendere la tua esperienza ancora più piacevole.
Anfiteatro di Boboli
Chi accede da Palazzo Pitti viene subito accolto dal grande Anfiteatro.
L’Anfiteatro era stato ideato dal Tribolo come un’architettura vegetale per riqualificare lo spazio occupato dalla cava di pietra forte, materiale impiegato per la costruzione di Palazzo Pitti. Trasformato in muratura sotto Cosimo II e ripreso da Ferdinando II, venne completato nel 1634, assumendo un aspetto molto simile a quello attuale.
Il suo utilizzo però cambiò nel corso dei secoli: da spazio per spettacoli a giardino formale, infine sede di feste campestri (a volte persino aperte al pubblico).
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, furono inseriti al centro della platea – nella stessa collocazione odierna – l’obelisco egizio e la vasca di granito rosso provenienti da Villa Medici a Roma.
Elementi che, uniti alla grandiosità dell’opera, contribuiscono al suo fascino storico e culturale.
Grotta del Buontalenti e la Venere del Giambologna
Sul lato nord del Piazzale di Bacco si trova la Grotta Grande o Grotta del Buontalenti, ultimo degli architetti che, tra il 1582 e il 1593, si occupò della sua realizzazione.
Situata al posto del vivaio progettato da Giorgio Vasari, la grotta deve la sua funzione attuale al granduca Francesco I.
L’ingresso, decorato da Giovanni Battista del Tadda con figure simboliche, la Pace e la Giustizia, e con gli emblemi di Cosimo I de’ Medici, il capricorno e la tartaruga, è ancora godibile. Ai suoi lati, si trovano le bellissime statue di Bacco e Cerere di Baccio Bandinelli (1552 – 1556). L’interno della grotta si compone di tre stanze dove arte, storia e alchimia si mescolano in linea con gli interessi e il gusto del granduca.
Nella prima sala, le pareti decorate con bassorilievi, stalattiti e stalagmiti opera di Piero di Tommaso Mati, fanno da suggestiva cornice ai Prigioni di Michelangelo, posti ai quattro angoli. Le sculture del Buonarroti, oggi conservate alla Galleria dell’Accademia e sostituite da copie in cemento bianco, erano state collocate qui dal Buontalenti con la funzione di talamoni della grande volta. Nell’apertura circolare, pare che un tempo fosse collocata una grande sfera di cristallo all’interno della quale nuotavano dei pesci. Certo è che su tutte le pareti – affrescate con animali di varie specie europee ed esotiche per mano di Bernardino Poccetti – scorreva l’acqua, con effetti cromatici sorprendenti.
La decorazione della seconda stanza risulta invece più classicheggiante, con nicchie e riquadri geometrici. Al centro spicca il gruppo scultoreo Teseo ed Elena di Vincenzo de’ Rossi, allievo e collaboratore di Baccio Bandinelli. Questo secondo ambiente è più raccolto rispetto al primo ma presenta aspetti di continuità, come le concrezioni calcaree, le conchiglie e le colature di pietra presenti alle pareti o a soffitto, fil rouge di tutte e tre le stanze.
Infine, la terza camera – detta Grotticina di Venere per le sue dimensioni ridotte – è decorata con un raffinato motivo floreale e animale su tutta la volta e ospita la Venere al bagno del Giambologna: magistrale interpretazione della figura serpentinata manieristica cara all’artista. La statua non era stata inizialmente pensata per questo luogo ma, con ogni probabilità, si trovava invece al centro dell’Isola. Lo dimostra infatti la genesi degli elementi che compongono la struttura sottostante: la vasca di marmo verde africano e rosso Portasanta, con quattro figure ai lati, in marmo bianco; e la roccia centrale, che sostiene la Venere, adornata con spugne, quarzi e conchiglie, imitazione delle concrezioni naturali come quelle osservabili alle pareti di tutta la Grotta.
Le tre camere interne non sono in asse tra loro, ma disallineate: una disposizione che permette di scorgere anche dall’esterno il capolavoro di Giambologna.
La Vasca dell’Isola e l’Oceano di Giambologna
La grande vasca ovale, progettata nel XVII secolo da Alfonso Parigi, è occupata al centro da un isolotto circondato dall’acqua, raggiungibile tramite due passaggi. Al Giambologna si deve la realizzazione del possente Oceano che troneggia marmoreo nel mezzo del Giardino dell’Isola, oggi sostituito da una copia (l’originale è conservato al Museo Nazionale del Bargello). Realizzato nel 1576 per l’Anfiteatro, l’Oceano trova la sua attuale collocazione nel 1636.
Sul piedistallo – una grande tazza di granito trasportata dall’Elba per volontà di Cosimo I – sono riconoscibili le personificazioni dei fiumi Nilo, Gange ed Eufrate e alcune scene mitologiche come il Ratto di Europa, il Bagno di Diana e il Trionfo di Nettuno.
Emergono dinamiche dall’acqua le sculture equestri il Perseo e l’Andromeda di Giovan Battista Pieratti. La passeggiata attorno all’isola è ritmata da statue di scuola fiorentina che rappresentano villani o cacciatori.
La Limonaia
Progettata da Zanobi del Rosso, la Limonaia fu commissionata da Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena per ospitare e proteggere adeguatamente la ricca collezione di agrumi di famiglia, collocata inizialmente nel Giardino dell’Isola.
La struttura, lunga 106 metri e larga 8, venne eretta dove prima sorgeva il Serraglio degli Animali, che vennero trasferiti alla Ménagerie del Belvedere di Vienna.
La costruzione, datata tra il 1777 e il 1778, fu accuratamente progettata da Giuseppe Cacialli. L’orientamento a sud infatti consente alle oltre 500 conche di agrumi di trovare un riparo ideale dal freddo invernale, mentre la disposizione interna su muretti ad altezze diverse garantisce luce a tutte le piante.
L’area antistante la Limonaia ospita un meraviglioso giardino di aiuole e piante temporanee. Tra queste si possono riconoscere, a seconda della stagione, i narcisi, i gladioli e le peonie, gli agli da fiore, le dalie, le lavatere rosa, i peperoncini e l’amaranto del gange: un’esplosione di colori e profumi davvero inebriante.
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La Kaffeehaus
A Pietro Leopoldo di Lorena va il merito di aver voluto la Kaffeehaus, chiamata inizialmente “nuovo casino sotto la fortezza”. Anch’essa affidata a Zanobi del Rosso, venne terminata nel 1775 e decorata, a partire dallo stesso anno dai pittori Giuseppe del Moro, Giuliano Traballesi e Pasquale Micheli.
L’edificio, concepito in un arioso stile rococò, serviva da riparo per la corte durante le passeggiate e come luogo di degustazione della cioccolata.
Suggestiva e raffinata nelle decorazioni interne e nei rivestimenti, la Kaffeehaus si struttura in un corpo circolare, suddiviso su tre livelli con terrazze e sormontato da una cupola a cipolla.
All’interno, una graziosa scala triangolare attraversa l’edificio e permette di arrivare al primo piano (dove si trovano la Grande Stanza e i salottini appartati) e fino al belvedere.
Da qui si può godere della stessa incantevole vista su Firenze che il granduca condivideva con i suoi ospiti.
Queste sono solo alcune delle cose da vedere nel Giardino di Boboli, che ospita innumerevoli altre meraviglie d’arte e d’architettura come la celebre Fontana del Carciofo, il Viottolone, la Grotta Madama, e il Piazzale di Bacco con la singolare statua del Nano Morgante che cavalca una tartaruga.
Per chi ama la cultura e la natura, una visita da non mancare!