Quella della Fonderia Artistica Marinelli è una storia lunga, fatta di antichi saperi e tradizioni familiari, nella quale arte e alto artigianato fiorentino si uniscono per creare opere uniche, da ammirare e collezionare. Abbiamo raggiunto il titolare Ferdinando Marinelli, nipote e omonimo dello storico fondatore, per farci raccontare meglio la sua attività, ancora oggi legata all’affascinante tecnica cinquecentesca della fusione a cera persa.
Cos’è una fonderia artistica e come funziona
Nella Fonderia Artistica Marinelli si producono sculture in bronzo a partire da progetti di altri scultori o da calchi di opere d’arte esistenti. Può trattarsi di un monumento, di un arredo o di riproduzioni in scala ridotta, tutti eseguiti con perizia e abilità dagli artigiani esperti della fabbrica.
“Nei primi del Novecento, quando è stata fondata la Fonderia” – ci ha raccontato Ferdinando Marinelli – “le tecniche della fusione a cera persa erano ancora uguali a quelle usate nel Rinascimento”. Con il tempo, i metodi produttivi si sono evoluti, eppure nella fonderia fiorentina hanno preferito mantenere quelli storici, “perché prove con nuove tecniche più veloci hanno dato risultati molto inferiori per qualità artistica”. E proprio l’eccellente qualità artistica ha permesso alla Fonderia Marinelli di affermarsi nel panorama internazionale e ottenere commesse prestigiose, da ogni parte del mondo.
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Un portfolio eccezionale, tra passato e presente
Difficile dire quali delle numerose opere realizzate renda Marinelli più orgoglioso, perché tutte hanno qualcosa di speciale e, alcune, persino qualche aneddoto divenuto ormai leggendario. È il caso dei sette cavalli in bronzo realizzati nel 2001 per lo Stadio dei Broncos, a Denver in Colorado, USA. Un gruppo scultoreo imponente, voluto dal proprietario dello stadio Patrick Bowlen per celebrare la famosa squadra di rugby americano, il cui simbolo è proprio il cavallo. Ebbene, quando si è trattato di fare uscire le sculture in bronzo dalla Fonderia ci si è accorti che erano troppo grandi per passare. Marinelli e i suoi collaboratori hanno capito che era necessario un intervento drastico e hanno abbattuto parte dell’edificio. “La demolizione dell’architrave della porta della fonderia di Rifredi è stata l’occasione per creare una nuova fonderia a Barberino Val d’Elsa (Firenze), più grande e meglio attrezzata”, ci ha rivelato il proprietario.
In anni precedenti, una difficoltà simile si era presentata con il trasporto del monumento equestre per l’Arlington Memorial Bridge di Washington, USA, al porto di Livorno: “Quella volta, la Società del Tranvai ATAF dovette smontare gran parte delle linee aeree sulle strade in cui passava la cassa contenente l’opera”.

Ma non solo gli Stati Uniti hanno saputo apprezzare e valorizzare l’attività della Fonderia. Prima di loro, infatti, anche la Santa Sede si è affidata alla perizia tecnica e artistica fiorentina per eseguire la rampa monumentale dei Musei Vaticani (su disegno dello scultore Antonio Maraini); e la Porta Santa nella Basilica di San Pietro (modellata dal senese Vico Consorti, in sostituzione di quella lignea), solo per citarne alcuni. E poi ancora il Governo Russo, che nel 1998 ha voluto ripristinare le decorazioni di due sale del Cremlino, andate distrutte sotto l’amministrazione di Stalin; l’appalto per la riqualificazione urbana di Skopje, capitale della Macedonia, con la creazione dei monumenti più importanti della città, e così via fino ai giorni più recenti.
Un’attività intensa che non ha impedito alla Fonderia di confrontarsi anche con gli antichi maestri, ricreando capolavori immortali dell’arte italiana anche grazie alla notevole collezione di calchi in gesso conservata fino ad oggi.

Un’incredibile eredità familiare
“I calchi eseguiti da Ferdinando Marinelli Sr. passati a Ferdinando Marinelli Jr., sono circa 750, tra grandi e piccoli”. Un archivio ricchissimo, incredibile eredità familiare, che conferma l’attenzione del fondatore – e delle generazioni successive – per le opere classiche e rinascimentali, patrimonio inestimabile di bellezza e talento artistico.

Proprio la gipsoteca permette alla Fonderia di realizzare bronzi identici agli originali.
Qualche esempio? La fusione a grandezza naturale del David di Michelangelo, le repliche del Porcellino di Firenze e della Chimera di Arezzo, il David di Donatello e la lista potrebbe continuare. Una produzione che si affianca a quella in formato ridotto, non meno impegnativa e accurata.
Che si tratti di opere colossali o di manufatti più piccoli, infatti, la fusione avviene ancora secondo l’antica tecnica della cera persa, adoperata nel lontano 1588 – nella bottega voluta dai Medici per il Giambologna – e tramandata di artigiano in artigiano, fino ad oggi.

La fusione a cera persa: un metodo secolare ancora attuale
Svolta del tutto manualmente, la fusione a cera persa richiede esperienza, precisione e pazienza: qualità che gli artigiani che lavorano alla Fonderia Marinelli possiedono ed esercitano ogni giorno. Risorse fondamentali, “che sanno lavorare nello stesso modo con cui lavoravano gli artisti antichi e del Rinascimento. E di questo siamo orgogliosi”.

Le fasi sono lunghe e delicate. Si inizia con la creazione del modello in cera, che avrà lo stesso spessore assunto poi dalla scultura finita in bronzo. Il modello viene quindi ricoperto da materiale refrattario (il loto, un composto di macinato e gesso), che viene inserito anche all’interno del modello per riempirlo. Una complessa impalcatura di tubi serve a far sì che, nelle fasi successive, il bronzo raggiunga tutti i punti della forma, sostituendo la cera.
Si procede quindi con la cottura: durante questo passaggio il materiale refrattario si solidifica, mentre la cera si scioglie, lasciando così un calco in negativo dell’opera. Le forme vengono poi interrate nella terra umida, per evitare che il metallo liquido le deformi: nell’intercapedine lasciata dalla cera, viene infatti colata la lega di bronzo. I tubi – ancora presenti in questa fase – permettono all’aria e ai gas prodotti di uscire. Una volta dissotterrata e rotta la forma (più d’una per le opere più grandi, poi assemblate insieme), si ottiene la cosiddetta fusione grezza: un prodotto ancora molto distante da quello finale.
Da questo momento in poi, infatti, è necessario procedere con la rimozione dei tubi, la sabbiatura e la cesellatura: un lavoro certosino che solo artigiani estremamente qualificati possono svolgere ottenendo risultati eccellenti. Infine la patina conferisce al manufatto il livello di ossidatura desiderato.

Il tempo, insieme alla manodopera specializzata, è dunque uno dei fattori che incidono di più sull’attività. “Per creare in bronzo il David di Michelangelo in grandezza originale normalmente occorre circa un anno”, puntualizza Marinelli.
Ecco perché tutte le opere della Fonderia sono dei veri e propri capolavori di tecnica e bravura, e rappresentano una prova tangibile del grado magistrale raggiunto da questa realtà.
L’alto artigianato fiorentino ha un passato glorioso e un futuro altrettanto florido davanti a sé, siamo onorati di poterlo supportare.