Se oggi indossiamo le zeppe, se i nostri tacchi sono comodi, preziosi o semplicemente colorati, il merito è di Salvatore Ferragamo. Di umili origini, ha saputo conquistare le celebrità americane e il pubblico mondiale con l’originalità dirompente delle sue calzature, espressione di uno spirito creativo raro e brillante. Il Museo Salvatore Ferragamo è dedicato alla figura e alle creazioni del grande designer, uno dei protagonisti più importanti e iconici della moda Made in Italy.
Il “calzolaio delle stelle”, una storia ideale
Quella di Salvatore Ferragamo è una storia di talento, tenacia e riscatto. Nasce a Bonito – un paesino a pochi chilometri da Napoli – nel 1898, undicesimo di quattordici figli, manifesta fin da bambino una passione smodata per le scarpe. Contrari alla professione del calzolaio, considerata troppo umile, i genitori si ricredono quando a soli nove anni Salvatore confeziona nell’arco di una notte le scarpe bianche per la Comunione della sorella, che altrimenti la famiglia non avrebbe potuto permettersi. La sua intraprendenza vince e ogni resistenza decade. Il piccolo Salvatore viene mandato a bottega dal calzolaio del paese e poi a Napoli. Pochi anni dopo parte per l’America per raggiungere i suoi fratelli più grandi, emigrati prima di lui. Una breve esperienza in una fabbrica di scarpe a Boston gli permette di osservare con ammirazione i metodi produttivi americani, rendendosi conto che la qualità artigianale italiana rimane insuperata. Quindi decide di trasferirsi in California per aprire il suo negozio, prima a Santa Barbara e poi a Hollywood. La nascente industria cinematografica è il contesto perfetto per proporre le sue creazioni. Il successo è immediato: da lì in avanti Ferragamo veste i piedi di dive come Greta Garbo, guadagnandosi il soprannome di “calzolaio delle stelle”.
Nel 1927 Salvatore rientra in Italia, scegliendo Firenze come sede della sua attività. Sa bene infatti che la città ha una lunghissima e vivace tradizione artistica e artigianale, e intende coniugarla con lo spirito imprenditoriale appreso Oltreoceano. L’America continua ad essere il suo mercato privilegiato, ma la crisi del dollaro del 1929 lo mette a dura prova e nel 1933 è costretto a dichiarare bancarotta. Darsi per vinto non è nella sua natura e pochi anni dopo, grazie all’aiuto della sorella, apre di nuovo i battenti della sua azienda presso Palazzo Spini Feroni, storico edificio tuttora sede dell’Archivio a lui intitolato.
Le difficoltà sembrano alimentare più che minare la sua capacità inventiva ed è proprio tra gli anni Trenta e Quaranta, sullo sfondo del Secondo Conflitto Mondiale, che nascono alcune delle sue creazioni più rivoluzionarie e iconiche. Questo è anche il periodo della sua unione con l’amatissima Wanda Miletti, con la quale avrà sei figli.

I riconoscimenti ufficiali non tardano ad arrivare: nel 1947 riceve a Dallas il prestigioso Neiman Marcus Award (l’Oscar della Moda) e partecipa ad alcune importanti iniziative del settore, come la prima mostra dedicata alla moda italiana del 1951. Alla fine dello stesso decennio esce a Londra la sua autobiografia – Il calzolaio dei sogni – dove dichiara di aver creato ventimila modelli di scarpe e 350 brevetti in quarant’anni di carriera.
Oggi, grazie a una recente e meticolosa attività di ricerca, sappiamo che i documenti a suo nome sono ben 386 e spaziano dalle calzature (soprattutto femminili) a oggetti di tutt’altro tipo, come i marchingegni bellici. Testimonianze di una mente versatile, capace di tradurre in progetto e innovazione qualunque cosa.
Estetica, gusto e funzionalità
Forme, materiali, superfici: non c’è un aspetto che Salvatore Ferragamo non abbia interpretato. Le sue calzature sono opere d’arte e di alto artigianato, create per essere protagoniste più che semplici accessori, a partire dal colore: per la prima volta nella storia moderna, tomaie e tacchi hanno toni accesi e decisi. Retaggio forse della sua infanzia meridionale o della cultura messicana con la quale viene in contatto mentre si trova in California.
Passato, presente e futuro si intrecciano continuamente nella sua produzione, influenzata tanto dai capolavori rinascimentali fiorentini quanto dalle novità contemporanee (artistiche, grafiche, architettoniche e d’arredo), ma anche dai suoi viaggi in Oriente e dai contatti con altri stilisti di spessore, come Elsa Schiaparelli, italiana naturalizzata francese. Stimoli diretti e indiretti che coglie e combina con sensibilità unica, assecondando e persino anticipando di anni mode e tendenze.
Nasce così il rivestimento per tacco con “zig zag verticali” composto da pezzetti di specchio che ricordano l’arte musiva (1929); oppure la calzatura femminile pull-over (da infilare senza stringhe, né lacci) del 1930, con tacco a piramide ispirato dalla scoperta della tomba di Tutankhamon; o ancora il ricamo detto “labirinto” dal motivo geometrico – a metà strada tra cubismo e tatuaggi africani – brevettato nel 1931.

Ai piedi delle dive e delle infermiere
Da vero designer Salvatore prima ancora dell’estetica, si interessa della funzionalità di ciò che progetta. Quando è negli Stati Uniti, frequenta un corso di anatomia perché vuole sapere tutto della conformazione del piede e così scopre che, per stare davvero comodo, l’arco plantare ha bisogno di sostegno. Inventa allora il cambrione, una sottilissima lamina di metallo posta, tra la punta e il tacco, all’interno della suola, con la funzione di sorreggere il piede.
Tra i brevetti anche la lavorazione Tramezza, che prevede l’inserimento di un sottile strato di cuoio tra suola e soletta, in grado di memorizzare l’impronta del piede e rendere la calzatura più confortevole. Ma anche tagli di cuoio per tomaia in un unico pezzo e sistemi di cucitura invisibili, come nella famosa calzatura “gloved arch”: morbida come un guanto, nasconde la cucitura della tomaia sotto alla suola, nello spazio tra l’appoggio anteriore e il tacco.
Le sue scarpe sono così comode che, dopo averle provate per sé, Maria di José di Savoia – moglie dell’ultimo re d’Italia e capo delle Crocerossine volontarie durante la Seconda Guerra Mondiale – decide di ordinarle per tutte le infermiere.

Modelli di intramontabile eleganza e ingegno
Gli ostacoli alimentano la fantasia di Ferragamo, che giunge così a soluzioni felici e inedite. Quando, durante il periodo autarchico, si riducono drasticamente risorse e tecnologie, inizia una fervente sperimentazione. In mancanza dell’acciaio, necessario per produrre i tacchi, decide di utilizzare i tappi di sughero delle bottiglie di vino, cuciti insieme e rivestiti di pelle: è la nascita della zeppa. Modellata poi in infinite varianti, decorazioni e colori, diventa la firma del suo successo.
La contaminazione è parte integrante del modus operandi di Salvatore che trasforma materiali poveri – paglia, rafia, persino il cellofan delle carte delle caramelle! – in intrecci preziosi per scarpe di lusso. Sagomata a forma di F (come l’iniziale del suo cognome), completa la calzatura che gli varrà il premio Neiman Marcus del ‘47: il Sandalo invisibile con tomaia in fili di nylon trasparenti come quelli delle lenze da pesca.

Dal viaggio in Giappone deriva l’idea della sua Kimo (1951), un sandalo alto con intreccio in capretto a giorno, completato da una controcalzatura, aderente e intercambiabile, in diversi colori, che ricorda i tabi giapponesi. Si ispira invece ai nativi d’America per creare la suola a conchiglia (1959), che si piega e risale, avvolgendo il piede. E poi ancora il tacco con elementi filiformi in metallo, il sandalo in oro 18 carati (tra i pezzi più preziosi mai creati da Ferragamo), le decolletè tacco 11 per Marilyn Monroe che nel tempo ne ordinerà di tutti i materiali e colori… creazioni di incredibile fascino e attualità.
Sei interessato ad articoli come questo?
Iscriviti alla newsletter per ricevere aggiornamenti e approfondimenti di BeCulture!

Il Museo Ferragamo
Salvatore Ferragamo è morto nel 1960 e da allora l’azienda è stata portata avanti dalla moglie e dalle figlie. A Fiamma Ferragamo, in particolare, si deve la nascita del Museo omonimo che, dalla metà degli anni Novanta, racconta la storia e l’attività del grande designer in un dialogo continuo con l’arte, l’architettura e le altre discipline del suo e del nostro tempo. Primo museo green in Italia, ha ottenuto riconoscimenti internazionali per il suo impegno e il suo valore culturale.
Anche se non sei un cultore della materia, il Museo Salvatore Ferragamo ti appassionerà per la storia di Salvatore e le infinite capacità della manodopera italiana quando guidata da un talento fuori dal comune.